IL BURÓ DELLE PERSONE SCOMPARSE di Adele Costanzo

Il buró delle persone scomparse è il terzo volume di una trilogia che può ben essere letto anche come storia a sé. Ambientato tra la Francia e l’Italia nel 1746, durante la sanguinosa guerra di successione austriaca, il romanzo di Adele Costanzo racconta le vicende di un gruppo di personaggi che passano la vita a perdersi e ritrovarsi e che, nuovo incontro dopo nuovo incontro, si scoprono cambiati, ovviamente invecchiati, ma sempre fedeli alle inquietudini che hanno contrassegnato la vita di ciascuno di loro.

Bachume, dai molti saperi e dall’inesausta sete di conoscenza, in fuga eterna – in quanto disertore e perciò condannato alla pena di morte – rinasce, ogni volta che la situazione si fa pericolosa, con un nuovo nome e una delle mille identità che è capace di indossare con naturalezza; Antonia, nobildonna fuggita dalla casa del padre insieme alla sorella Annina, di lei ha perso le tracce e vuole ritrovarla; Henri Trespetit, uomo di mare, di cui Bachume è stato precettore senza riuscire a farne la persona che il padre desiderava, è inquieto e di umore altalenante. Continua a leggere

1913 L’ANNO PRIMA DELLA TEMPESTA di Florian Illies

È in questo mese che Hitler e Stalin si incontrano a passeggio nel parco del castello di Schönbrunn, Thomas Mann arriva quasi a dichiararsi omosessuale e Franz Kafka a impazzire d’amore. Una gatta si installa furtiva sul divano di Sigmund Freud. Fa molto freddo, la neve scricchiola sotto i piedi. Else Lasker-Schüler è povera in canna e innamorata di Gottfried Benn, riceve da Franz Marc una cartolina raffigurante un cavallo, ma definisce Gabriele Münter una nullità. Ernst Ludwig Kirchner disegna le cocotte di Potsdamer Platz. Si compie in volo il primo giro della morte. Ma non c’è niente da fare. Oswald Spengler sta già lavorando al Tramonto dell’Occidente.

Le assurdità della vita a volte ci spingono a vivere una vita che non ci appartiene, ci fanno fermare dove dovremmo essere solo di passaggio e ci fanno innamorare anche quando dovremmo solo fuggire.

Ed eccolo qui l’anno più assurdo della storia, il 1913. Continua a leggere

ONORA IL FIGLIO di Roberta Poggio

Onora il figlio di Roberta Poggio è un romanzo corale, una storia che sembra contenere più storie. Procedendo nella lettura, si comprende che si tratta di un’unica vicenda, seppure ramificata e talmente lunga e articolata (nel tempo e nei luoghi) e con così tanti personaggi da far pensare al progetto di una serie televisiva.

Si deve arrivare alla fine del romanzo per un vero chiarimento sulla probabile origine delle traversie che, tra il 1929 e il 2011, coinvolgono l’immaginario paese di Follero, in Sardegna, e i suoi abitanti. L’esito finale, giusto per riassumere una trama fitta di avvenimenti che non è semplice sintetizzare, è costituito dalla morte, nello stesso giorno ma non nello stesso luogo, di due cugine che hanno lo stesso nome, Caterina, e lo stesso cognome, Rambaldi.

Le due Caterina provengono dallo stesso paese d’origine; e, sempre nello stesso giorno, viene incarcerato Pietro Demani, giovane segretario di belle speranze di un rapace ministro, poiché i veri colpevoli di una scandalosa storia di corruzione lo hanno incastrato. Continua a leggere

IL SENSO DI UNA FINE di Julian Barnes

Ricordo, in ordine sparso:
– un lucido interno polso;
– vapore che sale da un lavello umido dove qualcuno ha gettato ridendo una padella rovente;
– fiotti di sperma che girano dentro uno scarico prima di farsi inghiottire per l’intera altezza di un edificio;
– un fiume che sfida ogni legge di natura, risalendo la corrente, rovistato onda per onda dalla luce di una decina di torce elettriche;
– un altro fiume, ampio e grigio, la cui direzione di flusso è resa ingannevole da un vento teso che ne arruffa la superficie;
– una vasca da bagno piena d’acqua ormai fredda da un pezzo, dietro una porta chiusa.
L’ultima immagine non l’ho propriamente vista, ma quel che si finisce per ricordare non sempre corrisponde a ciò di cui siamo stati testimoni.

Più che un romanzo una trappola. La scrittura scivolosa ti invischia, sabbie mobili si nascondono dietro ogni frase con semplicità, la storia fila, ti avvolge e poi ti intrappola e poi ti divora. Difficile descrivere la trama, non perché sia complessa ma perché insidiosa. Continua a leggere

LUI di Viviana Viviani

Una storia compiuta, con un inizio, uno svolgimento (che ha pure i suoi bravi colpi di scena) e un finale: eppure non si tratta di un romanzo. Lui, di Viviana Viviani, autrice di poesia e di narrativa, da poco pubblicato da Connessioni Editore per la nuova collana Scavi urbani, racconta di un amore seguendone tutte le fasi: l’incontro, il corteggiamento, le schermaglie, la scoperta dell’altro che, in fondo, è sempre scoperta di sé, la crisi, il lutto e la sua elaborazione, cosa resta quando tutto è finito (o sembra finito).

Viviana Viviani narra una storia d’amore dal punto di vista di lei e lo fa in poesia, quartina dopo quartina, con il suo consueto tono scanzonato, ironico e leggero. Ogni quartina potrebbe essere un componimento che fa parte di una silloge, potrebbe reggersi da sé, essere letto fuori dal contesto; in realtà, inoltrandosi nella lettura, ci si rende conto di trovarsi di fronte a un poemetto.

La profondità senza peso ricorda Wislawa Szymborska, l’allegria ci richiama alla mente Vivian Lamarque. Continua a leggere

LA POLVERE CHE RESPIRI ERA UNA CASA. INTERVISTA A ELEONORA DANIEL

Il tuo romanzo La polvere che respiri era una casa prende il nome da una citazione dai Quattro quartetti di T.S. Eliot. Perché questo titolo, perché questa scelta?
È vero, è un verso che mi ha sempre emozionata – nel modo forse un po’ ingenuo e inconsapevole che hanno le cose di emozionare. Credo sia perché raccoglie temi a me consonanti (la casa, la polvere, le storie). Il verso precedente lega ancora di più questi elementi: la polvere che si respira non solo era una casa, ma il pulviscolo sospeso nell’aria «segna il punto in cui una storia è finita». Questo filo che riunisce storie, polvere e case mi è subito tornato in mente quando ho iniziato a pensare al romanzo, tanto che il titolo per me è sempre stato quello con cui è arrivato in libreria.

Questa che tu racconti è una storia di creazione (casa, figli, storie) e di fallimenti. Ed è qualcosa che si sente molto in tutto il romanzo. Cosa ti ha spinto a voler raccontare proprio questa storia?
L’esperienza del fallimento, della rottura, delle cose che fino a un certo punto reggono e poi cadono più o meno catastroficamente è un’esperienza universale per me interessantissima. Non tanto per l’idea romantica legata al fatto che ogni cosa crollata a un certo punto, prima del crollo, ha avuto una storia da raccontare; quello che mi piace è proprio il fatto che è esistito un punto nel tempo in cui è rimasta in piedi, prima di sgretolarsi. Il fatto che ogni cosa che viene detta, pensata, costruita, amata possa esserci e poi morire, il momento incalcolabile in cui si colloca questo salto.
Volevo provare a raccontarlo.

Continua a leggere

PALOMAR di Italo Calvino

In seguito a una serie di disavventure intellettuali che non meritano d’essere ricordate, il signor Palomar ha deciso che la sua principale attività sarà guardare le cose dal di fuori. Un po’ miope, distratto, introverso, egli non sembra rientrare per temperamento in quel tipo umano che viene di solito definito un osservatore. Eppure gli è sempre successo che certe cose – un muro di pietre, un guscio di conchiglia, una foglia, una teiera, – gli si presentino come chiedendogli un’attenzione minuziosa e prolungata: egli si mette ad osservarle quasi senza rendersene conto e il suo sguardo comincia a percorrere tutti i dettagli, e non riesce più a staccarsene. Il signor Palomar ha deciso che d’ora in avanti raddoppierà la sua attenzione: primo, nel non lasciarsi sfuggire questi richiami che gli arrivano dalle cose; secondo, nell’attribuire all’operazione dell’osservare l’importanza che essa merita.

Palomar è un romanzo. Palomar è una raccolta di saggi. Palomar è un’autobiografia. Palomar è tutte queste cose e nessuna. Difficile inquadrare Palomar in un genere stilistico, ancora più difficile capire le intenzioni dell’autore mentre lo scriveva ma ciò che è certo è che nessuna opera è mai stata così vicina nell’essere, quello che oggi chiameremo, il lascito calviniano. Continua a leggere

IL MULINO SULLA FLOSS di George Eliot

In che considerazione dovremmo tenere i nostri desideri – anzi, di più: i nostri sogni, il nostro motivo d’esistere – quando essi cozzano con la felicità di chi amiamo? In che rapporto sta il dovere verso noi stessi, verso la nostra felicità, con quello nei confronti degli altri? Ci torneremo nel prosieguo ma intanto vale la pena osservare che ne fornisce una chiave interpretativa George Eliot ne Il mulino sulla Floss, pubblicato nel 1860, in pieno periodo vittoriano.

Dietro allo pseudonimo George Eliot si cela l’autrice Mary Ann Evans che, nata nel 1819 in una famiglia della agiata borghesia inglese, ebbe in odio per tutta la vita, adornata da anticonformismo, il bigottismo calvinista della classe media britannica. Il libro è un superbo affresco dell’età della borghesia, i cui valori di realizzazione mondana – secondo l’etica protestante filtrati come cartina al tornasole del plauso che nell’altro mondo riscuotono le nostre azioni in questo – improntano, oltre ogni altro valore morale, l’agire delle classi medie.

L’autrice ci mostra le vicende dei Tulliver, che gestiscono un mulino situato sulle sponde del fiume Floss, vicino al villaggio di St.Ogg’s nel Lincolnshire, in Inghilterra, alle cui pale sono affidati: i sogni di posizionamento sociale del padre, che vive il sacerdozio laico della parsimonia calvinista, di sano decoro, della forma comme il faut, della madre, dell’accumulazione del capitale del figlio Tom e, avulsa dal contesto, dei desideri – romanticamente assorbiti per osmosi dai libri che divora – della figlia Maggie, la protagonista del libro. Continua a leggere

L’IMPURO FOLLE di Roberto Calasso

Il cronista celeste, testimone-attore, attese il festoso e osceno scoprirsi del secolo per cominciare a narrare la sua favola, tra il febbraio e il settembre del 1900, nell’Istituto dei Nervi di Dio sito a Sonnenstein, presso Pirna, in Sassonia, un castello diviso in quattro ali, abitato allora da seicentoventi pazienti («Que l’on chasse ces fous!» aveva gridato Napoleone nel 1813, ma non aveva fatto saccheggiare le provviste) affidati al consigliere segreto dr. Weber. Fra di essi c’era un magistrato tedesco di cinquantotto anni, discendente da un’illustre famiglia di inesorabili miglioratori dell’umanità: Daniel Paul Schreber, Senatspresident, presidente di Corte d’Appello, a riposo così firmava allora.

Un libro storico, un romanzo, un saggio questo e forse qualcosa di più è L’impuro folle.

In questo libro Roberto Calasso, racconta, descrive, gioca, ama e disprezza il Presidente Schreber, primo malato di schizofrenia ad aver scritto nel 1903 un libro: Memorie di un malato di nervi. Continua a leggere

SCRITTI DI PENSIERI CHE MUTANO: INTERVISTA A CARLA MAGNANI

Scritti di pensieri che mutano è una raccolta di quarantatré racconti brevi, alcuni brevissimi. Le tematiche sono varie; i protagonisti di ciascuna istantanea hanno in comune l’attitudine a riflettere su se stessi e sul momento esistenziale che attraversano, quasi sempre di crisi, di sospensione, quasi di arresto e titubanza nel passaggio da uno stadio a un altro. La scrittura è limpida, elegante; la brevità dei racconti, lungi dal lasciare il lettore insoddisfatto, offre alla sua attenzione un frammento di vita in sé concluso.
L’autrice ha accettato di rispondere a qualche mia domanda.

Carla Magnani, quali sono per te difficoltà e vantaggi specifici, dal punto di vista dell’autore, della dimensione narrativa breve? A cosa deve stare attento chi scrive un racconto breve? E quali lussi invece può concedersi che non sono permessi nella scrittura di un’opera più lunga?

Come difficoltà elencherei il pericolo di non riuscire, in un numero limitato di pagine, a centrare ciò che vuoi trasmettere al lettore, l’argomento fulcro del racconto, lo stesso che ti ha spinto a scrivere. Continua a leggere

LA PRIMA FOGLIA: intervista a Cesare Di Cola

È dell’ultima pubblicazione di Cesare Di Cola che parleremo con l’autore, al quale innanzitutto chiediamo: che gestazione ha avuto un’opera come La prima foglia, in cui all’immagine si sposa la parola poetica? Qual è stato il primo embrione di questo progetto, come si è arrivati dal pensiero di raccogliere insieme, di organizzare in volume alcune immagini alla più complessa operazione culturale di accostare a quelle immagini (il mondo come lo vede e vuole mostrarcelo il fotografo) i versi di grandi poeti (il mondo come lo vedono coloro che per esprimersi usano la parola e, in particolare, la poesia)?

La prima foglia è un lavoro che si è andato facendo. Un processo che ha attraversato linee d’ombra, che si è innervato dall’incontro con la poesia di alcuni autori contemporanei e che è stato concepito anche grazie al “lievito padre”, una vecchia fotocamera medio formato e un retino realizzato alla fine degli anni ’70 su una pellicola trasparente tipografica. Le immagini quotidiane del mio andare a zonzo per il territorio di Castelnuovo di Porto si incastrano, secondo stratificazioni temporali non lineari, con quelle che ritraggono il paesaggio domestico e intimo. Continua a leggere

JULIE DE CARNEILHAN di Colette

Allegri, protetti contro le avversità da una frivolezza che assomigliava al coraggio e che spesso lo generava.

Si potrebbe parlare per ore di Julie o con Julie e comunque non la si capirebbe, si uscirebbe fuori dalla conversazione confusi, appannati, inchiodati alla certezza di una bellezza senza fine né tempo che non smetterà mai di stupirci e affannarci. Eppure, a un primo sguardo superficiale, (superficiale come Julie), si potrebbe cadere nel fatale errore di credere che non ci sia nulla da capire, da approfondire. Colette ci dipinge un personaggio chiaro tanto nell’aspetto esteriore quanto in quello interiore: una donna bella, di buona famiglia, attaccata alle sue abitudini e ancor di più a sé stessa, al tempo che passa e la rende più bella, liscia, superficiale. E allora ci può venir da credere che Julie la conosciamo l’abbiamo incontrata forse un migliaio di volte nella vita o tra le righe di un libro. Però poi qualcosa cambia: Julie incontra il suo ex, Herbert d’Espivant.

L’una e l’altra volevano solo abbandonarsi a cuor leggero a un qualcosa che non avrebbe mai potuto essere chiarito

Continua a leggere

VOCI SULLO STATO DELL’EDITORIA

Si parla tanto, con maggiore o minore cognizione di causa, di editoria, dello stato di salute dell’editoria italiana, del grande numero delle case editrici medie, medio-piccole e piccole, delle difficoltà di distribuzione e della scarsa visibilità in libreria dei libri pubblicati dalle piccole case editrici.
Si parla anche delle numerose librerie indipendenti che non riescono a resistere sul mercato e, una dopo l’altra, chiudono. Mi sembra interessante porre alcune domande ai soggetti direttamente interessati: oggi tocca ad Arianna Attinasi, docente e titolare della casa editrice indipendente Arianna Editore, di Geraci Siculo, e a Marilia Di Giovanni, titolare di una storica libreria siracusana situata nel cuore di Ortigia, La casa del libro.

Domanda: Dai vostri differenti ma ‒ credo ‒ non distanti punti di osservazione, quale ritenete essere il principale ostacolo alla diffusione dei libri editi dalle piccole case editrici? In che modo la distribuzione gioca il ruolo determinante che le viene attribuito nell’opinione diffusa anche fra i non addetti ai lavori?

Risposta ARIANNA ATTINASI: Il principale ostacolo, ovviamente, è quello della distribuzione capillare e soprattutto nazionale. È questo che ci chiedono anche gli autori quando ci incontrano la prima volta e prima di scegliere di pubblicare con noi. La distribuzione gioca un ruolo determinante, soprattutto nell’opinione diffusa, dici bene, perché tutta la nostra società contemporanea si basa sulla visione di un’immagine e, quindi, se tu vedi il libro in libreria, quel libro conta, vale, magari ti piace anche e lo compri. Un po’ come al mercato, dove vale l’esposizione della merce. Continua a leggere

ROMA RACCONTATA DA DENTRO: INTERVISTA A LIVIO CURATELLA

Livio Curatella, romano che più non si potrebbe, ama raccontare storie. Nei suoi libri si sente la passione dello scoprire e del narrare frammenti di vita. In questa intervista, in particolare, risponde alle mie domande su due sue opere pubblicate dalla casa editrice indipendente Chipiuneart Edizioni: Facce e martello (2018) e Carne di Roma (2024).
Una Roma personificata, viva, di carne appunto, che l’autore fa parlare così, nel brano che apre la sua più recente pubblicazione:

Oltre a guardarvi ho anche una voce, e decidete voi quale timbro posseggo dopo aver passato millenni sopra e sotto questo terreno.
Sono fatta di tante sostanze e sono vista da voi come appaio, cioè di marmo bianco e tufo, circondata da fontane e alberi secolari, monumenti millenari, sterminate periferie, dove tutto ha una storia, dove ogni pezzo di me racconta qualcosa, ma sono anche carne, sì, quella carne che voi sentite in un semplice contatto delle vostre membra con il mondo.

Continua a leggere

VOCI SULLO STATO DELL’EDITORIA

Si parla tanto, con maggiore o minore cognizione di causa, di editoria, dello stato di salute dell’editoria italiana, del grande numero delle case editrici medie, medio-piccole e piccole, delle difficoltà di distribuzione e della scarsa visibilità in libreria dei libri pubblicati dalle piccole case editrici.
Si parla anche delle numerose librerie indipendenti che non riescono a resistere sul mercato e, una dopo l’altra, chiudono. Mi sembra interessante porre alcune domande ai soggetti direttamente interessati: oggi tocca a Fabio Croce, titolare dell’omonima casa editrice indipendente romana, e a Tonino Puccica, titolare della libreria indipendente Enoteca letteraria di Roma.

Domanda: Dai vostri differenti ma ‒ credo ‒ non distanti punti di osservazione, quale ritenete essere il principale ostacolo alla diffusione dei libri editi dalle piccole case editrici? In che modo la distribuzione gioca il ruolo determinante che le viene attribuito nell’opinione diffusa anche fra i non addetti ai lavori?

Risposta FABIO CROCE: Il sistema di distribuzione libraria è radicalmente cambiato in peggio negli ultimi anni: i grandi distributori come il gruppo Messaggerie e Mondadori sono anche proprietari dei più importanti marchi editoriali italiani e badano a proporre i loro prodotti al pubblico sostenendoli con ottimi investimenti economici in pubblicità. Il resto è in fuori gioco non perché propone prodotti editoriali peggiori dei loro, ma perché semplicemente non ha gli strumenti economici per sostenerli degnamente. Continua a leggere