A CASA di Judith Hermann

Il ricordo la coglie inaspettatamente. Quella volta in cui ha rischiato di partire per Singapore, su una nave da crociera con due perfetti sconosciuti. Erano un mago e la moglie. Lui l’aveva vista alla stazione di servizio e si era avvicinato: “sono un mago e tu sei bassa abbastanza”. Così le aveva detto, intendendo il numero che aveva in mente di preparare. Cercava una ragazza da mettere in una scatola e tagliare a metà. Con questo avrebbero debuttato sulla nave da crociera. È quasi partita. All’epoca lavorava da poco alla fabbrica di sigarette, catena di montaggio, nulla di speciale.

Guardavo la taglierina che sezionava il cilindro in singole sigarette, ne cadevano giù a migliaia, tutte quelle sigarette che poi la gente in città avrebbe fumato. Prima di entrare al lavoro. In pausa pranzo. Dopo mangiato. Durante un litigio. Durante l’amore e dopo l’amore.

Però aveva quel piccolo monolocale che, la sera, si illuminava del colore della scritta al neon del locale di fronte. Non è partita.

Ha conosciuto Otis in un pomeriggio piovoso, si sono sposati, hanno avuto Ann e, quando lei è cresciuta, il matrimonio è finito. Otis ora colleziona un sacco di ricordi del passato. Le stanze di casa sua sono colme di fotografie, oggetti e giocattoli di lei e Ann, biglietti dei loro viaggi. Lui lo chiama archivio.

Si è trasferita al mare. Vive li, vicino all’acqua e ogni giorno chiama Otis al telefono, non riesce a non farlo. Parlano di Ann e di quella volta che lei è quasi partita con un mago per Singapore. Lui, ovviamente, ricorda tutto. Lei invece ha scordato cosa significa vivere con qualcuno.

Una notte tutto cambia. Dalla soffitta di casa proviene un rumore, forse un animale. Ora comprende che cosa significhi essere soli: sentire un rumore in casa e non avere nessuno a cui chiedere “secondo te cos’è stato?”.

Mi disse, e le tue radici dove sono. Io dissi, mah, temo di non averne.

Al mare vive anche suo fratello assieme alla fidanzata Nime: bizzarra perché da piccola ha vissuto in una scatola quasi senza ossigeno. A volte il mondo sembra sorprenderla come se lo vedesse per la prima volta. Anche Mimi abita nel paese lì vicino. Lei le offre molte tazze di te e lunghi pomeriggi di parole o silenzi. Ha un fratello, Arild, che fa l’allevatore e sembra solo quanto lei. È a lui che chiede aiuto per intrappolare l’animale che le abita in soffitta. Perché c’è bisogno di qualcuno a cui poter chiedere questo genere di cose.

La protagonista di A casa è senza nome, senza strada e senza dimora. Arrivata a metà della sua vita, si scopre priva di tutto ciò che ci si aspetterebbe. La figlia è lontana e la fotocamera del telefono è l’unico modo che ha di vederla. Otis è perso nel labirinto della memoria. E lei? Dai tempi del mago, è cambiata solo la sua scatola. La vita è sempre chiusa fuori e rumori, colori, luci, le giungono ovattati. Anche Nime è vissuta in una scatola, ma ora è diversa: guarda il mondo con occhi grandi. Ciò che lei riesce a vedere, invece, è solo la solitudine. Il tempo la inganna fingendo di scorrere lento, ma l’epilogo non è lontano. Non lo è mai stato, nemmeno in quel monolocale illuminato di blu.

Questo mondo è il mio mondo perché mi trovo qui in questo momento

Il romanzo di Judith Hermann, autrice berlinese, è semplice. La storia è semplice, come lo sono i personaggi. Nessuna digressione, nessun sentimentalismo. È come conoscere una persona per la prima volta e ascoltarla mentre ci racconta una storia tenendo per sé i dettagli emotivi e narrando solo la successione dei fatti. Eppure, dietro quel racconto, si nasconde un mondo per i più empatici. È uno scorcio della vita visto da metà della sua altezza. È la risposta a una domanda che incute spesso timore: cosa resta a un uomo e a una donna dopo il matrimonio, dopo i figli, dopo la passione? Ciò che si attende da giovani con tanto ardore. Se tutto questo finisce, come si torna a casa?

A CASA
Judith Hermann
Trad. Teresa Ciuffoletti
Fazi (Le strade)
pp. 156
euro 18

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