JULIE DE CARNEILHAN di Colette

Allegri, protetti contro le avversità da una frivolezza che assomigliava al coraggio e che spesso lo generava.

Si potrebbe parlare per ore di Julie o con Julie e comunque non la si capirebbe, si uscirebbe fuori dalla conversazione confusi, appannati, inchiodati alla certezza di una bellezza senza fine né tempo che non smetterà mai di stupirci e affannarci. Eppure, a un primo sguardo superficiale, (superficiale come Julie), si potrebbe cadere nel fatale errore di credere che non ci sia nulla da capire, da approfondire. Colette ci dipinge un personaggio chiaro tanto nell’aspetto esteriore quanto in quello interiore: una donna bella, di buona famiglia, attaccata alle sue abitudini e ancor di più a sé stessa, al tempo che passa e la rende più bella, liscia, superficiale. E allora ci può venir da credere che Julie la conosciamo l’abbiamo incontrata forse un migliaio di volte nella vita o tra le righe di un libro. Però poi qualcosa cambia: Julie incontra il suo ex, Herbert d’Espivant.

L’una e l’altra volevano solo abbandonarsi a cuor leggero a un qualcosa che non avrebbe mai potuto essere chiarito

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FUGA NELLE TENEBRE di Arthur Schnitzler

Dopo i momenti di serenità degli ultimi mesi, si abbatteva ora su di lui quella sensazione inconcepibile, afferrabile appena col pensiero e mai traducibile in parole che, minacciosa e oscura, sembrava preannunciare mali ancora peggiori?
Si erano sbagliati i medici o l’avevano ingannato di proposito affermando che sei mesi di vacanza gli avrebbero restituito completamente la salute?

I viaggi dentro se stessi sono sempre quelli più difficili, tormentati e pieni di pericoli che uno possa affrontare; simili a pellegrinaggi o a imprese eroiche, i viaggi all’interno della nostra mente e, ancora di più, del nostro animo non prevedono itinerario, rotta o sosta, ma mostri e una gran dose di nostalgia.

Impossibile tornare indietro, arduo andare avanti, certe insidie hanno la bella faccia e le belle facce sono specchi senza sorriso, riflessi perduti, ricordi come sogni e sogni come incubi. Scilla e Cariddi ci aspettano, ma come si fa a combattere e soprattutto a vincere quando i mostri peggiori siamo noi stessi? Continua a leggere

IL PECCATO di Josephine Hart

Cosa sarebbe successo se fossi nata per prima? Lei sarebbe stata… come me? Cosa sarebbe successo se Set, il terzo figlio dopo Caino e Abele, fosse stato il primogenito? Cosa sarebbe successo se il Signore fosse stato contento del dono di Caino? Caino avrebbe mai risvegliato il mostro che dormiva dentro di lui? Scelsi la veste da indossare. Non avevo, capite?, grandi piani. Perché non ero ambiziosa. Non avevo bisogno degli applausi del pubblico. Ero spirituale per natura. Una creatura spirituale e maligna. Credo che ce ne siamo molte, in giro.

Difficile spiegare perché leggere Il peccato di Josephine Hart, anzi, a dirla tutta, sarebbe molto più facile spiegare perché non si dovrebbe leggerlo. Primo motivo fra tutti è che questo è il libro dell’odio, della rabbia, del rancore e della vendetta; mai mi ero mai avvicinata ad un libro infestato di tutte queste emozioni negative eppure, ad oggi, non ho nessun rimpianto. E questo grazie a come l’autrice, attraverso la sua scrittura, permette al lettore di scivolare su parole amare e scene brutali con la tranquillità, l’indifferenza e perché no, con l’ironia che solo la totale assenza di sentimento può provocare. Continua a leggere

FOLLIA di Patrick McGrath

Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni. Si tratta di relazioni la cui durata e la cui intensità differiscono sensibilmente, ma che tendono ad attraversare fasi molto simili: riconoscimento, identificazione, organizzazione, struttura, complicazione, e così via. La storia di Stella Raphael è una delle più tristi che io conosca.

Quante volte si ama nel corso della vita? Quante volte veramente? E quanto amore abbiamo sprecato? Quanto non ne abbiamo visto?
Tutti almeno una volta nelle nostra vita abbiamo incontrato la parola amore, magari inciampandoci sopra, o riconoscendola fra un milione di altre parole. Abbiano provato le palpitazioni, la gioia esplosa all’improvviso, la rabbia furiosa, la gelosia cieca, il dolore sordo a qualsiasi cura; molti hanno tentato il per sempre rinchiudendo i pensieri in una favola, pochi ci sono riusciti. Eppure se dovessimo descrivere che cos’è l’amore e cosa si prova quando esso ci invade impossessandosi di noi, non ne saremmo capaci perché lo sentiremmo troppo complesso, sfaccettato e restio ad ogni logica forma del linguaggio che pretende di incatenarlo. Continua a leggere

IL CANTO DI CALLIOPE di Natalie Haynes

«Cantami, o Musa» dice, e dall’urgenza nella voce si capisce che non è una richiesta. Se fossi incline a soddisfare il suo desiderio, potrei dire che affila il tono sul mio nome come fa un guerriero quando passa il pugnale su una pietra abrasiva, preparandosi alla battaglia dell’indomani. Ma oggi non sono dell’umore per fare la musa. Forse lui non ha pensato a cosa significa trovarsi nei miei panni. Certo che non ci ha pensato: come tutti i poeti, pensa solo a se stesso. È incredibile che non abbia considerato quanti altri uomini ci sono come lui, ogni giorno, tutti lì a pretendere la mia attenzione incondizionata e il mio aiuto. Di quanta poesia epica c’è davvero bisogno al mondo?

Chiunque conosce la storia della guerra di Troia, chiunque conosce e sospira il nome del grande e possente Achille, dell’astuto Odisseo e del saggio Ettore, e tutti conoscono la fine della storia, nonché la fine eroica di questi eroi, baluardi e rappresentazioni del coraggio stesso. Continua a leggere

LA ROVINA DI KASCH di Roberto Calasso

TALLEYRAND: Parlo sulla soglia di questo libro perché sono stato l’ultimo che ha conosciuto le cerimonie. Parlo anche, come sempre, per ingannare. Non a me è dedicato questo libro, né ad alcun altro. Questo libro è dedicato al dedicare.

«È un uomo difficile da seguire nei meandri della sua vita politica, M. de Talleyrand» disse la duchessa d’Abrantès aprendo le porte del Salon de M. de Talleyrand. All’entrata, gli stucchi fragranti dell’Ancien Régime. All’uscita, il tinello borghese. Al centro, le belve ipnotiche dell’Impero ci fissano dai braccioli. E, in stanze laterali, salutiamo la ghigliottina e le foreste americane. Verso il fondo, un Congresso inciampa negli strascichi delle sue danze.

Difficile trovare un inizio e ancora più difficile trovare una fine a questo labirintico libro-saggio di Roberto Calasso. Dunque da dove partire? Iniziamo dal contesto storico (il primo che incontriamo nel labirinto): l’anciene régime. Iniziamo da uno dei personaggi di questo periodo, da quello più nascosto, quello che la storia ha seppellito e che la scuola non ci ha mai regalato: Talleyrand. Continua a leggere

L’OPERA di Émile Zola

Era quella, esattamente quella la figura che aveva inutilmente cercato per il suo quadro, e già quasi in posa. Un poco esile, un poco gracile d’infanzia, ma così morbida, d’una giovinezza così fresca! E, sul tutto, seni già maturi. Dove diavolo l’aveva nascosto, la sera prima, quel seno così, che non l’aveva neanche sospettato? Una vera rivelazione!

Romanzo assai curioso e tra i meno conosciuti di Zola, maestro nonché inventore del realismo letterario, L’opera racconta la vita di un artista a Parigi negli anni della rivoluzione artistica portata dall’impressionismo e da tante altre correnti che sottovoce, bisbigliavano parole nuove incomprensibili alla tradizione e al mondo.

E Zola con l’occhio del fotografo ha ripreso e narrato, non solo la vita di un artista in quegli anni, ma anche e soprattutto il rapporto dell’artista con la sua opera. Ma qui non parliamo di un’opera qualsiasi, di una qualsiasi produzione, qui parliamo dell’Opera, quella che secondo l’artista lo rappresenta al meglio,e che è fatta di ripensamenti e di sudore, di incubi e notti insonni, dove la linea è complicata come quella del pensiero: nulla conta tranne Lei. Continua a leggere

LA GIORNATA DI UNO SCRUTATORE di Italo Calvino

… Nel crudele gergo popolare, poi, quel nome era divenuto, per traslato, epiteto derisorio per dire deficiente, idiota, anche abbreviato, secondo l’uso torinese, alle sue prime sillabe: cutu. Sommava dunque, il nome «Cottolengo», un’immagine di sventura a un’immagine ridicola (come spesso avviene nella risonanza popolare anche ai nomi dei manicomi, delle prigioni), e insieme di provvidenza benefica, e insieme di potenza organizzativa, e adesso poi, con lo sfruttamento elettorale, d’oscurantismo, medioevo, malafede…

Ambientato nel 1953, questo romanzo breve (o racconto lungo), racconta di una crisi profonda, al limite dell’esistenziale, di un uomo e dell’umano, in una Italia che affronta, nuovamente, le elezioni.
In questo romanzo l’autore mette a nudo, scompone e stravolge la politica e l’etica che dietro essa, troppe volte, si nasconde fino a dissolversi. Se ne Il sentiero dei nidi di ragno Calvino ci faceva vedere il mondo, cioè la guerra, attraverso gli occhi di Kim, un bambino, ora lascia il lettore in balia di uno scrutatore, che è anche un intellettuale comunista, per raccontare il dopoguerra italiano. Continua a leggere

MEMORIE DI ADRIANO di Marguerite Yourcenar

La convenzione ufficiale vuole che un imperatore romano sia nato a Roma, ma io sono nato a Italica; a quel paese arido e tuttavia fertile ho sovrapposto in seguito tante regioni del mondo. La convenzione ha del buono: dimostra che le decisioni dello spirito e della volontà hanno la meglio sulle circostanze. Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri. In minor misura, le scuole.

Chissà se mentre scriveva Le memorie di Adriano la scrittrice Marguerite Yourcenar era consapevole di scrivere uno dei libri capolavoro della letteratura del ‘900, quello che è sicuro è che ci è riuscita.
Pubblicato nel 1951, Le memorie di Adriano è l’incontro perfetto tra due delle più nobili e fondamentali materie umanistiche, letteratura e filosofia.
Difficile da descrivere, quasi impossibile raccontarlo, il romanzo di Marguerite Yourcenar ci porta oltre la vita proprio quando sta per finire, quando ci regala il suo ultimo scherzo nostalgico per ricordarci che comunque siamo ancora vivi e che comunque le cose possono ancora cambiare. Continua a leggere

CALIGOLA: IMPERO E FOLLIA di Franco Forte

Gaio sapeva di essere il meno considerato tra i figli di Germanico, forse al pari delle sue sorelle. Ma non solo non si infuriava per questo, anzi portava pazienza e cresceva all’ombra di tutti, imparando quanto più poteva e sfruttando la sua capacità di aggirarsi per il palazzo imperiale come un fantasma per spiare chiunque gli capitasse a tiro. Non dimenticava la promessa che aveva fatto a Germanico: l’avrebbe vendicato, avrebbe restituito dignità alla sua famiglia, convinto di essere il solo, tra i suoi fratelli, che avrebbe potuto tenere testa a Tiberio e ai suoi scagnozzi.

Tra i tanti imperatori di Roma, Franco Forte sembra divertirsi e occuparsi solo di quelli più folli, come nel suo romanzo Caligola: Impero e follia e come aveva già fatto nel suo romanzo Roma in fiamme, nel quale ci racconta la storia dell’imperatore-poeta Nerone.

Quello che la storia ci tramanda di Caligola è la sua follia che fece di un cavallo un senatore ma, quello che quasi sempre viene taciuto, è che molto spesso la rivoluzione, l’opposizione e la resistenza sono gesti simili e degni solo dei folli. Continua a leggere

LA DISUBBIDIENZA di Alberto Moravia

Sotto la pioggia dei rimproveri e dei cattivi voti, provava una soddisfazione particolare, sembrandogli che quei rimproveri fossero, in realtà, elogi e quei cattivi voti buoni voti per la condotta che ormai aveva deciso di tenere. Ma nello stesso tempo non poteva fare a meno di sentirsi invaso da un’amarezza profonda, al pensiero che la sua condizione di scolaro peggiorava ogni giorno e presto sarebbe diventata irreparabile.

L’adolescenza è un periodo difficile per tutti, lo sanno bene i genitori che si trovano a combattere quasi con un altro figlio, la brutta copia di quello che, solo ieri, era un tranquillo e adorabile bambino. Ma poi scatta qualcosa, una crepa inizia a spaccare il verro, a impossessarsi centimetro dopo centimetro della bellezza dell’equilibrio, il rumore sordo della sua avanzata rimbomba ovunque, nulla può fermarla, e inevitabilmente… frammenti! Tutto si trova distrutto, distorto, tutto è confuso, l’adolescente è inaccessibile persino a sé stesso. Continua a leggere

TEMPO DI UCCIDERE di Ennio Flaiano

Ero meravigliato d’essere vivo, ma stanco di aspettare soccorsi

Fin dalla prima riga Flaiano, abile realista, ci introduce nel mondo della coscienza, quel mondo allegorico, confuso, enigmatico che solo la malinconica Africa avrebbe potuto accogliere e raccogliere. L’Africa esoterica, lontana, amante di notte e nemica di giorno, colonizzata dai fascisti, cancellata nel suo significato dalla mano dell’uomo che ne confonde i contorni, ospite alieno di una natura che non ha niente a che spartire con lui. Ma per Flaiano l’Africa è tutto tranne uno spazio geografico o il luogo dei vincitori: l’Africa è allegoria, posto in cui la coscienza può compiere il suo viaggio spennellato di dubbi, errori, sentieri e scorciatoie mortali; e così la mente del protagonista si arrampica tra congetture, illusioni e pensieri. Il caldo che soffoca e accende le voglie, la città di A così pittoresca da sembrare un’allucinazione e un protagonista lontano, chiuso nell’enigma della natura, inghiottito da tutto ciò che lo circonda e come chi, cade nelle sabbie mobili e dimenandosi per uscirne ne rimane sempre più invischiato, così lui, che si dimena e si tormenta per fuggire, per correre e salvarsi da sé stesso. E poi l’apparizione della donna, di Miriam, gazzella africana dal turbante bianco, di lei poche cose: una pozzanghera che la lava, la nudità selvaggia del suo corpo e il rimorso che s’incarna nel dubbio. Dopo Miriam è tutto un equivoco che lo porterà fino al silenzioso, e per questo inquietante, Johannes curatore di sensi di colpa e padre di Miriam. Continua a leggere

DOPPIO SOGNO di Arthur Schnitzler

Doppio sogno di Arthur Schnitzler, è un dipinto che non scolorisce mai.

Doppio sogno, è un dipinto che non scolorisce mai. Le sue tinte fosche, notturne, si animano di soprassalto dei colori di un ballo in maschera tanto eccitante quanto pericoloso. Ma tutti lo sappiamo e nessuno può negarlo: spesso le cose più eccitanti sono proprio quelle più  pericolose. Potremmo rimanere sorpresi quando a cadere nella trappola della tentazione non è il classico dandy, (figura cardine della letteratura decadentista), ma uno stimato dottore dedito alla professione e alla famiglia. Avreste mai detto che proprio lui potesse cadere come un’idolo davanti al credente?! Forse sì.

Il fatto è che la fantasia è un’arma pericolosa della nostra mente, a volte ci libera e a volte ci imprigiona nella bellezza di un sogno o di un doppio sogno, e avvolti nella tela del ragno, con difficoltà si riesce a distinguere cosa è vero da cosa non lo è.  Eppure quest’opera, con maestria e diligenza, intreccia due fantasie, una causa e una effetto: quella della moglie che confessa al marito di aver immaginato di tradirlo con un altro uomo, e quella del marito che sentitosi ferito da questa confessione, sconvolto,  si butta in strada nel cuore della notte cercando vendetta, con addosso il bruciore di una fantasia proibita e nel cuore la voglia di realizzarla. Continua a leggere

IL PROBLEMA SPINOZA di Irvin D. Yalom

«Come si chiama, giovanotto?»
«Bento Spinoza. In ebraico mi chiamano Baruch».
«E in latino il suo nome è Benedictus. Un nome bello, santo. Io sono Franciscus van den Enden. Dirigo un’accademia di studi classici. Spinoza, ha detto… uhm, dal latino spina e spinosus, che rispettivamente significano “spina” e “pieno di spine”».
«De Espinoza, in portoghese» dice Bento, annuendo. «“Da un luogo pieno di spine”».
«Il suo genere di domande può risultare spinoso per gli educatori ortodossi e dogmatici». Le labbra di van den Enden s’increspano in un sorriso malizioso. «Mi dica, giovanotto, lei è stato una spina nel fianco dei suoi insegnanti?» Anche Bento sorride.

Con affascinante maestria e profonda abilità, Irvin D. Yalom, dopo Le lacrime di Nietzsche e La cura Schopenhauer, inventa l’ennesimo romanzo a marchingegno, un’altra bomba pronta a esploderti nelle mani che non c’è modo di lasciar andare prima di averlo letto fino in fondo.

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IL DISPREZZO di Alberto Moravia

La felicità è tanto più grande quanto meno la si avverte. Sembrerà strano, ma in quei due anni mi parve talvolta persino di annoiarmi. Certamente, poi, non mi resi conto che ero felice. Mi sembrava di fare cosa che tutti fanno: amare la propria moglie ed esserne amato; e quest’amore mi sembrava un fatto comune, normale, ossia per nulla prezioso; proprio come l’aria che si respira e ce ne è tanta e diventa preziosa solo quando viene a mancare.

Alberto Moravia con Il disprezzo (1ª ed. 1954) ci ha regalato un grande romanzo realistico, vivo, pulsante. Centro focale è il rapporto di coppia: il rapporto coniugale tra il protagonista, Riccardo Molteni e sua moglie Emilia. Un rapporto quasi perfetto, dove ogni ingranaggio è oliato dalla stima reciproca e dall’amore, ma  poi, un’incrinatura, una crepa che via via si fa strada crea dubbi, angosce, i comportamenti cambiano, le parole seppur attutite dall’abitudine assumo un tono falso, improvvisamente niente è più come prima.

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