SAINT-JUST. LA VERTIGINE DELLA RIVOLUZIONE di Stenio Solinas

L’orecchino. Nei due Saint-Just esposti al Musée Carnevalet, orna rispettivamente il lobo sinistro e quello destro, un dandismo più da pirata che da rivoluzionario, ma più da rivoluzionario che da aristocratico.

Riyoko Ikeda è una delle più conosciute autrici di manga giapponesi e nel suo Versailles No Bara (Le rose di Versailles – ed. J-Pop 2020), pubblicato tra il 1972 e il 1973, si incontra il personaggio di Saint-Just. Nel fumetto è un giovane efebico con occhi neri e luminosi, di forma allungata, ciglia ricurve e capelli corvini, indossa camicie ampie, aperte sul petto, e la famosa cravatta. In Saint-Just, la vertigine della rivoluzione, ed. Neri Pozza – collana Il Cammello Battriano, Stenio Solinas ce lo presenta, dopo un accurato studio della ritrattistica e della storiografia, come un giovane con  un bel volto dai tratti tipicamente maschili, per niente effeminato, per nulla incerto” e con “una taglia media, un corpo sano” esaltati da un’eleganza ricercata: sono unici la lunga cravatta che gli copre il collo e l’orecchino, caratteristiche che lo rendono riconoscibile ai contemporanei e ai posteri. Tuttavia, il mito di Saint-Just nasce soprattutto dal confronto con le altre figure rappresentative della rivoluzione francese dalle quali si discosta non solo fisicamente ma anche per un’eloquenza efficace e tagliente e per una condotta sobria. Continua a leggere

Intorno al Manga: QUARTE DI NOBITÀ e I BORBORIGMI DI UN’ANIMA. LETTERE A LUCIANO ANCESCHI

Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose, un massacro commercialmente attendibile, infine un mezzo per cui il così detto autore può dar sfogo alla parte più cruda della sua ambivalenza verso quei libri, di cui egli sa meno di chiunque altro.
La presente scelta è tale solo nel senso che a questa parola danno il norcino e il trippaiolo; ma vi è in più una sfumatura cannibalesca che non dovrebbe andar perduta, una grazia rancorosa, un furore quale si può avere solo per «le proprie viscere», e di cui i fratellini Atreo e Tieste non erano inconsapevoli, ed al cui convito l’estensore della presente nota attende d’essere cortesemente invitato.

Quarte di nobiltà è un libro che probabilmente non piacerà a tutti, forse piacerà a pochi, ma a quei pochi piacerà molto. I motivi prinicpali sono due: strutturalmente ha la peculiarità di essere una raccolta di quarte di copertina; il secondo motivo è che l’autore di questo strano libro composto di quarte è il Manga, ovvero: Giorgio Manganelli, scrittore forse non conosciutissimo dal grande pubblico ma con un suo seguito di appassionati, traduttore e critico letterario, un uomo di lettere a tutto tondo con un’idea forte su cosa significhi fare letteratura. Continua a leggere