SAINT-JUST. LA VERTIGINE DELLA RIVOLUZIONE di Stenio Solinas

L’orecchino. Nei due Saint-Just esposti al Musée Carnevalet, orna rispettivamente il lobo sinistro e quello destro, un dandismo più da pirata che da rivoluzionario, ma più da rivoluzionario che da aristocratico.

Riyoko Ikeda è una delle più conosciute autrici di manga giapponesi e nel suo Versailles No Bara (Le rose di Versailles – ed. J-Pop 2020), pubblicato tra il 1972 e il 1973, si incontra il personaggio di Saint-Just. Nel fumetto è un giovane efebico con occhi neri e luminosi, di forma allungata, ciglia ricurve e capelli corvini, indossa camicie ampie, aperte sul petto, e la famosa cravatta. In Saint-Just, la vertigine della rivoluzione, ed. Neri Pozza – collana Il Cammello Battriano, Stenio Solinas ce lo presenta, dopo un accurato studio della ritrattistica e della storiografia, come un giovane con  un bel volto dai tratti tipicamente maschili, per niente effeminato, per nulla incerto” e con “una taglia media, un corpo sano” esaltati da un’eleganza ricercata: sono unici la lunga cravatta che gli copre il collo e l’orecchino, caratteristiche che lo rendono riconoscibile ai contemporanei e ai posteri. Tuttavia, il mito di Saint-Just nasce soprattutto dal confronto con le altre figure rappresentative della rivoluzione francese dalle quali si discosta non solo fisicamente ma anche per un’eloquenza efficace e tagliente e per una condotta sobria. Continua a leggere

IL PROBLEMA SPINOZA di Irvin D. Yalom

«Come si chiama, giovanotto?»
«Bento Spinoza. In ebraico mi chiamano Baruch».
«E in latino il suo nome è Benedictus. Un nome bello, santo. Io sono Franciscus van den Enden. Dirigo un’accademia di studi classici. Spinoza, ha detto… uhm, dal latino spina e spinosus, che rispettivamente significano “spina” e “pieno di spine”».
«De Espinoza, in portoghese» dice Bento, annuendo. «“Da un luogo pieno di spine”».
«Il suo genere di domande può risultare spinoso per gli educatori ortodossi e dogmatici». Le labbra di van den Enden s’increspano in un sorriso malizioso. «Mi dica, giovanotto, lei è stato una spina nel fianco dei suoi insegnanti?» Anche Bento sorride.

Con affascinante maestria e profonda abilità, Irvin D. Yalom, dopo Le lacrime di Nietzsche e La cura Schopenhauer, inventa l’ennesimo romanzo a marchingegno, un’altra bomba pronta a esploderti nelle mani che non c’è modo di lasciar andare prima di averlo letto fino in fondo.

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LE LACRIME DI NIETZSCHE di Irvin D. Yalom

La verità si raggiunge attraverso la sfiducia e lo scetticismo, non attraverso un infantile desiderio che le cose stiano in un certo modo.

Cosa può succedere quando la scienza s’incontra e si scontra con la filosofia? Chi vincerà? Quali credenze continueranno ad esistere e quali altre invece periranno?

Per provare scoprire la risposta a questa domanda è necessario immergersi tra le pagine del libro di Irvin D. Yalom Le lacrime di Nietzsche: dopo ogni parola diventa ferita e ogni capitolo è un passo in più verso la guarigione. Una storia che porta sul precipizio della vita, spinge verso l’abisso e il dubbio che in fondo poi le cose non sono sempre come sembrano o forse sono proprio terribilmente come sembrano, ecco, questa è la vertigine unica di questo meraviglioso libro.

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