LA ROVINA DI KASCH di Roberto Calasso

TALLEYRAND: Parlo sulla soglia di questo libro perché sono stato l’ultimo che ha conosciuto le cerimonie. Parlo anche, come sempre, per ingannare. Non a me è dedicato questo libro, né ad alcun altro. Questo libro è dedicato al dedicare.

«È un uomo difficile da seguire nei meandri della sua vita politica, M. de Talleyrand» disse la duchessa d’Abrantès aprendo le porte del Salon de M. de Talleyrand. All’entrata, gli stucchi fragranti dell’Ancien Régime. All’uscita, il tinello borghese. Al centro, le belve ipnotiche dell’Impero ci fissano dai braccioli. E, in stanze laterali, salutiamo la ghigliottina e le foreste americane. Verso il fondo, un Congresso inciampa negli strascichi delle sue danze.

Difficile trovare un inizio e ancora più difficile trovare una fine a questo labirintico libro-saggio di Roberto Calasso. Dunque da dove partire? Iniziamo dal contesto storico (il primo che incontriamo nel labirinto): l’anciene régime. Iniziamo da uno dei personaggi di questo periodo, da quello più nascosto, quello che la storia ha seppellito e che la scuola non ci ha mai regalato: Talleyrand.

Un politico, un diplomatico, un personaggio pirandelliano fuggito dalla sua storia per finire in altre mille storie così come sfugge alla rivoluzione, alle teste che volano e cadono, sfugge per ri-finire ai piani alti, vicino a Napoleone, così vicino all’esilio.

E quello che si sente sempre di sottofondo tra quelle righe così intense, è il chiacchiericcio dei salotti, dei nobili e dei borghesi, delle donne che elargiscono consigli di moda e il serpeggiare dell’Opinione, così brava a liberarsi dalle catene del suo padrone.

Non sempre Marx si abbandona senza ritegni all’adorazione dello sviluppo. A volte, dietro quella parola, intravede inevitabili divaricazioni. Ci sono passi in cui si avvicina rischiosamente a stabilire una cesura fra due modi dello sviluppo, uno perverso (quello del capitale) e uno buono (quello che viene dopo il capitale), così scoprendo la guardia.

La società, fondata sul valore di scambio, giunta alla sua compiutezza, così si formula: «Ogni individuo possiede il potere sociale sotto forma di una cosa [il valore di scambio]». Nella frase successiva si presenta, nella sua massima sobrietà, il salto rivoluzionario: «Strappate alla cosa questo potere sociale e dovrete darlo a persone sulle persone».

Poi, strisciando trai i corridoi e le sue voci, seguendo e temendo l’Opinione, Calasso ci spinge al volo pindarico su ali di cera e poi… Marx. Improvvisamente siamo due secoli avanti, Napoleone viene zittito, silenziato, la sua grandezza ovvia non ha bisogno di spiegazioni, ma come spiegare che Marx fu il primo capitalista della storia? Come dire che il fondo, a volte, tutto è uguale a tutto? Che non contano idee, partiti, storia o silenzio, a volte conta sopravvivere anche sotto le maschere. Di maschera in maschera, l’autore ci mostra tutti gli spilli nel pagliaio, fino a Freud e alla sua teoria rivoluzionaria, che però, cela una paura arcaica tanto difficile da rivelare quanto da difendere.

Ma la vera protagonista  di questo libro è certamente la Francia, con i suoi scorci e il suo popolo,  con Talleyrand che si pente (?) in punto di morte, senza chiedere nulla, neanche alla storia.

La storia non ha alcuna ragione essenziale per distinguersi dalla letteratura. «Carmen solutum» – la chiamava già Quintiliano. Senza coazione metrica, senza preordinata gabbia formale, la ricerca storica è il graduale costruirsi di una memoria artificiale, lo sciogliersi successivo dei lacci di una serie senza fine di scatole di cartone negli archivi.

LA ROVINA DI KASCH
Roberto Calasso
Adelphi (gli Adelphi)
pp. 487
euro 14

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