PALOMAR di Italo Calvino

In seguito a una serie di disavventure intellettuali che non meritano d’essere ricordate, il signor Palomar ha deciso che la sua principale attività sarà guardare le cose dal di fuori. Un po’ miope, distratto, introverso, egli non sembra rientrare per temperamento in quel tipo umano che viene di solito definito un osservatore. Eppure gli è sempre successo che certe cose – un muro di pietre, un guscio di conchiglia, una foglia, una teiera, – gli si presentino come chiedendogli un’attenzione minuziosa e prolungata: egli si mette ad osservarle quasi senza rendersene conto e il suo sguardo comincia a percorrere tutti i dettagli, e non riesce più a staccarsene. Il signor Palomar ha deciso che d’ora in avanti raddoppierà la sua attenzione: primo, nel non lasciarsi sfuggire questi richiami che gli arrivano dalle cose; secondo, nell’attribuire all’operazione dell’osservare l’importanza che essa merita.

Palomar è un romanzo. Palomar è una raccolta di saggi. Palomar è un’autobiografia. Palomar è tutte queste cose e nessuna. Difficile inquadrare Palomar in un genere stilistico, ancora più difficile capire le intenzioni dell’autore mentre lo scriveva ma ciò che è certo è che nessuna opera è mai stata così vicina nell’essere, quello che oggi chiameremo, il lascito calviniano. Continua a leggere

LA GIORNATA DI UNO SCRUTATORE di Italo Calvino

… Nel crudele gergo popolare, poi, quel nome era divenuto, per traslato, epiteto derisorio per dire deficiente, idiota, anche abbreviato, secondo l’uso torinese, alle sue prime sillabe: cutu. Sommava dunque, il nome «Cottolengo», un’immagine di sventura a un’immagine ridicola (come spesso avviene nella risonanza popolare anche ai nomi dei manicomi, delle prigioni), e insieme di provvidenza benefica, e insieme di potenza organizzativa, e adesso poi, con lo sfruttamento elettorale, d’oscurantismo, medioevo, malafede…

Ambientato nel 1953, questo romanzo breve (o racconto lungo), racconta di una crisi profonda, al limite dell’esistenziale, di un uomo e dell’umano, in una Italia che affronta, nuovamente, le elezioni.
In questo romanzo l’autore mette a nudo, scompone e stravolge la politica e l’etica che dietro essa, troppe volte, si nasconde fino a dissolversi. Se ne Il sentiero dei nidi di ragno Calvino ci faceva vedere il mondo, cioè la guerra, attraverso gli occhi di Kim, un bambino, ora lascia il lettore in balia di uno scrutatore, che è anche un intellettuale comunista, per raccontare il dopoguerra italiano. Continua a leggere

SE QUESTO È UN UOMO di Primo Levi

SeQuestoeUnUomo_Cavaglion“Se questo è un uomo -un libro che reincontreremo al Giudizio Universale- offre un’immagine quasi lievemente attenuata dell’infamia, perché il testimone Levi racconta scrupolosamente ciò che ha visto di persona e, anziché calcare le tinte sullo sterminio come pure sarebbe stato logico e comprensibile, vi allude pudicamente, quasi per rispetto a chi è stato annientato dallo sterminio dal quale egli, in extremis, si è salvato”. Così il 12 aprile 1987, all’indomani della morte di Primo Levi, Claudio Magris sul Corriere della Sera ricorda lo scrittore piemontese. Oggi, le parole di Magris mi sembrano ancora le più adatte e le più belle per ricordare l’uomo e lo scrittore Primo Levi. 

Se questo è un uomo è stato tradotto in tutto il mondo, ed è considerato un classico -non solo- della letteratura testimoniale, un libro per certi versi strano, che Levi stesso rispondendo a Philip Roth dice di aver scritto: “per tentare di spiegare agli altri, e a me stesso gli eventi in cui mi ero trovato coinvolto, ma senza particolari intenti letterari. Il mio modello (o se preferisci il mio stile) è stato quello del ‘rapportino settimanale’ che si usa fare in fabbrica: dev’essere preciso, conciso, e scritto in una lingua comprensibile a chiunque nella gerarchia aziendale”, quindi aperto a chiunque. Continua a leggere