LUI di Viviana Viviani

Una storia compiuta, con un inizio, uno svolgimento (che ha pure i suoi bravi colpi di scena) e un finale: eppure non si tratta di un romanzo. Lui, di Viviana Viviani, autrice di poesia e di narrativa, da poco pubblicato da Connessioni Editore per la nuova collana Scavi urbani, racconta di un amore seguendone tutte le fasi: l’incontro, il corteggiamento, le schermaglie, la scoperta dell’altro che, in fondo, è sempre scoperta di sé, la crisi, il lutto e la sua elaborazione, cosa resta quando tutto è finito (o sembra finito).

Viviana Viviani narra una storia d’amore dal punto di vista di lei e lo fa in poesia, quartina dopo quartina, con il suo consueto tono scanzonato, ironico e leggero. Ogni quartina potrebbe essere un componimento che fa parte di una silloge, potrebbe reggersi da sé, essere letto fuori dal contesto; in realtà, inoltrandosi nella lettura, ci si rende conto di trovarsi di fronte a un poemetto.

La profondità senza peso ricorda Wislawa Szymborska, l’allegria ci richiama alla mente Vivian Lamarque. Continua a leggere

LA POLVERE CHE RESPIRI ERA UNA CASA. INTERVISTA A ELEONORA DANIEL

Il tuo romanzo La polvere che respiri era una casa prende il nome da una citazione dai Quattro quartetti di T.S. Eliot. Perché questo titolo, perché questa scelta?
È vero, è un verso che mi ha sempre emozionata – nel modo forse un po’ ingenuo e inconsapevole che hanno le cose di emozionare. Credo sia perché raccoglie temi a me consonanti (la casa, la polvere, le storie). Il verso precedente lega ancora di più questi elementi: la polvere che si respira non solo era una casa, ma il pulviscolo sospeso nell’aria «segna il punto in cui una storia è finita». Questo filo che riunisce storie, polvere e case mi è subito tornato in mente quando ho iniziato a pensare al romanzo, tanto che il titolo per me è sempre stato quello con cui è arrivato in libreria.

Questa che tu racconti è una storia di creazione (casa, figli, storie) e di fallimenti. Ed è qualcosa che si sente molto in tutto il romanzo. Cosa ti ha spinto a voler raccontare proprio questa storia?
L’esperienza del fallimento, della rottura, delle cose che fino a un certo punto reggono e poi cadono più o meno catastroficamente è un’esperienza universale per me interessantissima. Non tanto per l’idea romantica legata al fatto che ogni cosa crollata a un certo punto, prima del crollo, ha avuto una storia da raccontare; quello che mi piace è proprio il fatto che è esistito un punto nel tempo in cui è rimasta in piedi, prima di sgretolarsi. Il fatto che ogni cosa che viene detta, pensata, costruita, amata possa esserci e poi morire, il momento incalcolabile in cui si colloca questo salto.
Volevo provare a raccontarlo.

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