Il buró delle persone scomparse è il terzo volume di una trilogia che può ben essere letto anche come storia a sé. Ambientato tra la Francia e l’Italia nel 1746, durante la sanguinosa guerra di successione austriaca, il romanzo di Adele Costanzo racconta le vicende di un gruppo di personaggi che passano la vita a perdersi e ritrovarsi e che, nuovo incontro dopo nuovo incontro, si scoprono cambiati, ovviamente invecchiati, ma sempre fedeli alle inquietudini che hanno contrassegnato la vita di ciascuno di loro.
Bachume, dai molti saperi e dall’inesausta sete di conoscenza, in fuga eterna – in quanto disertore e perciò condannato alla pena di morte – rinasce, ogni volta che la situazione si fa pericolosa, con un nuovo nome e una delle mille identità che è capace di indossare con naturalezza; Antonia, nobildonna fuggita dalla casa del padre insieme alla sorella Annina, di lei ha perso le tracce e vuole ritrovarla; Henri Trespetit, uomo di mare, di cui Bachume è stato precettore senza riuscire a farne la persona che il padre desiderava, è inquieto e di umore altalenante.
Antonia si guadagna da vivere come istitutrice di ragazzine di buona famiglia; nutre ormai per Henri un affetto invecchiato e deluso, una scolorita traccia dell’amore che fu.
Fra i personaggi principali ci sono anche i due Florentin, il padre ormai anziano e il figlio Didier, ex gendarmi che hanno messo su un ufficio che si occupa di ricercare le persone scomparse.
La vita è stata difficile per tutti loro; Florentin padre è un uomo deluso dal Paese al quale ha dedicato la sua attività con passione; adesso, a causa della botta alla testa subita in un incidente, ha perso la memoria e va disperatamente a caccia dei suoi ricordi. Le persone possono perdersi anche così, non solo per una fuga, un dissidio, una separazione volontaria o involontaria; possono sparire dai ricordi. Adesso i Florentin sono in cerca di un figlio di Henri da lui a suo tempo abbandonato; Antonia e Bachume sono in cerca di Annina, la sorella perduta.
Riunire le persone che le circostanze hanno separato è, per i due investigatori del buró, una missione che ha a che fare con l’ordine, con la necessità di rimettere le cose a posto; un dubbio però si insinua nella mente di Didier Florentin, proprio a proposito dell’ordine:
E se esistesse un ordine diverso da quello riconosciuto come tale e ciò che viene chiamato disordine non fosse che una disposizione delle cose secondo criteri meno condivisi? In tal caso ci sarebbe un bel discutere per stabilire l’ordine giustoe l’ultima parola, qualcuno deve averla, spetterebbe ai preti, o ai re.
Oltre alla trama solida e ben strutturata, il romanzo ha altri pregi: un’accurata ricostruzione dell’epoca; la scrittura raffinata e al tempo stesso fluida; una sottile vena umoristica che emerge qua e là senza forzature; le riflessioni colte ma non pedanti sui grandi temi dell’esistenza: il tempo, la memoria, il destino, il senso del vivere e dell’affannarsi per poi cadere nell’oblio:
Siamo dunque vivi finché qualcuno pronuncia il nostro nome, ma qualcuno pronuncia il nostro nome se ci pensa. Dunque è questa la vita, la prova ontologica, il soffio divino, la fiammella che, una volta spenta, condanna al freddo eterno e al buio in cui le cose annegano private dei contorni?
Inconsueta ed efficace la narrazione in terza persona con la particolarità che la narratrice onnisciente si rivolge spesso al lettore coinvolgendolo nelle considerazioni di carattere universale che scaturiscono dai fatti e dai misfatti che avvengono durante le ricerche di due persone scomparse. Ricerche che hanno una loro conclusione, mentre la vita e i percorsi interiori di ciascuno dei personaggi principali restano aperti a possibilità future che l’autrice ci lascia intravedere.
Interessanti e ben delineati anche i personaggi secondari che i protagonisti incontrano durante le ricerche di Annina e del figlio naturale di Henri.
Un’opera originale e godibilissima che ha il respiro di un classico.
IL BURÓ DELLE PERSONE SCOMPARSE
Adele Costanzo
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pp. 245
euro 21,50