LUI di Viviana Viviani

Una storia compiuta, con un inizio, uno svolgimento (che ha pure i suoi bravi colpi di scena) e un finale: eppure non si tratta di un romanzo. Lui, di Viviana Viviani, autrice di poesia e di narrativa, da poco pubblicato da Connessioni Editore per la nuova collana Scavi urbani, racconta di un amore seguendone tutte le fasi: l’incontro, il corteggiamento, le schermaglie, la scoperta dell’altro che, in fondo, è sempre scoperta di sé, la crisi, il lutto e la sua elaborazione, cosa resta quando tutto è finito (o sembra finito).

Viviana Viviani narra una storia d’amore dal punto di vista di lei e lo fa in poesia, quartina dopo quartina, con il suo consueto tono scanzonato, ironico e leggero. Ogni quartina potrebbe essere un componimento che fa parte di una silloge, potrebbe reggersi da sé, essere letto fuori dal contesto; in realtà, inoltrandosi nella lettura, ci si rende conto di trovarsi di fronte a un poemetto.

La profondità senza peso ricorda Wislawa Szymborska, l’allegria ci richiama alla mente Vivian Lamarque.

Al di là delle somiglianze nel timbro della voce poetica, l’autrice ha le sue peculiarità. Innanzitutto, Viviana Viviani si misura con un sentimento che più spesso induce poeti (e prosatori) a toni accorati, se non drammatici, per narrare una vicenda molto contemporanea, illuminata dalla luce fredda di un monitor, la cui colonna sonora è il ticchettio di una tastiera. Sì, la protagonista, che in prima persona ci conduce attraverso tutte le fasi dell’innamoramento, ha trovato la perla rara, l’uomo unico e inatteso, su un sito di incontri.

Tra noi solo schermi accesi
e notti sbriciolate.
Ma ogni buonanotte tua
mi copre come un lenzuolo.

Ne intuisce la personalità dalle risposte che lui dà alle sue domande, espressioni misurate, caute, appropriate, immuni da ogni invadenza, da ogni eccesso verbale. L’uomo ideale, si direbbe, forse non troppo coinvolto, oppure, chissà…

Il linguaggio è pulito, essenziale. Anche quando il gioco smette di essere fonte di benessere, il tono resta pacato, di una dolente pacatezza.

Il messaggio finale, come accennavo all’inizio, è che le storie d’amore ci fanno incontrare essenzialmente noi stessi o, almeno, una versione di noi stessi che ancora nessuno aveva scoperto, neppure noi.

Non dico altro, le centoventotto quartine devono essere assaporate dai lettori senza troppe anticipazioni; l’andamento della storia emoziona, coinvolge e non scivola via, la lettura deve colpire come e dove non ci si aspetta. Un cenno ancora alla sorprendente postfazione di… no, non ve lo dico, merita di essere una scoperta.

L’autrice ha acconsentito a rispondere a qualche domanda.

Viviana, Lui è in molti sensi un esperimento, credo di poter dire. Per il tema, per la forma che hai scelto, perché la casa editrice che lo ha pubblicato lo ha considerato un testo sperimentale.
La storia che narri, che si snoda attraverso tutte le fasi di una relazione amorosa, avrebbe potuto benissimo essere la trama di un romanzo o di un racconto lungo. Hai scelto la forma poetica, questa particolare forma poetica, perché pensi che la narrativa alla quale siamo abituati abbia ormai fatto il suo tempo?

Sì, Lui è un esperimento. Non solo per il tema, che gioca sul confine tra umano e artificiale, ma soprattutto per il modo in cui ho voluto raccontarlo. Non credo che la narrativa abbia fatto il suo tempo, anzi, però che un romanzo racconti una storia è normale, mentre è insolito nella poesia. O meglio, nella poesia contemporanea, perché in quella antica ad esempio era molto frequente. Basti pensare a Omero! Oggi invece tutt’al più ci sono sillogi tematiche, ma in generale la poesia racconta sensazioni, emozioni, non vicende. Avrebbe potuto essere un romanzo, certo. Ma mi interessava l’essenziale: quel momento preciso in cui un’emozione cambia forma, in cui un silenzio pesa quanto una dichiarazione. La poesia, in questa forma breve e numerata, mi ha permesso di seguire i passaggi dell’innamoramento, della delusione, della presa di coscienza, del nuovo inizio, come fossero battiti continui e al tempo stesso intermittenti.

Una tua caratteristica saliente è la capacità di condensare in una manciata di parole un universo emozionale e relazionale. Pensi che ciò dipenda dalla tua formazione scientifica, che cioè la confidenza con entità che si contano e si misurano, con le dimensioni, le proporzioni, influenzi il tuo modo di scrivere poesia?
Credo di sì, in effetti se ripenso ai miei temi del liceo erano molto più “sbrodoloni”. La mia formazione scientifica ha influenzato il mio modo di pensare la scrittura. Sono abituata a misurare, a ridurre all’osso, a cercare pattern e anomalie. Nella poesia questo si traduce in un’ossessione per l’equilibrio, per la densità, per ciò che sta nel minimo spazio possibile ma contiene un’intera relazione. Mi piace l’idea che l’emozione possa essere descritta con la stessa precisione con cui si osserva un fenomeno fisico, sapendo però che, come ogni osservazione, anche questa modifica l’oggetto.

Una cosa che chiedo sempre alle autrici e agli autori è: che lettrice/lettore sei? Cosa ami leggere, hai generi preferiti?
Per quanto riguarda la poesia leggo un po’ di tutto, in modo spesso anche disordinato, iniziando più libri insieme, abbandonando, tornando, rileggendo, mescolando. Con la narrativa sono più ordinata, forse proprio perché c’è una trama da seguire. In passato preferivo i classici e i romanzi di formazione, mentre in questo periodo mi sto appassionando al noir. Magari un domani scriverò una silloge thriller? La vedo complicata, anche se in fondo anche questa un po’ lo è.

Viviana Viviani è nata a Ferrara e vive a Bologna. È ingegnere e giornalista pubblicista, ha scritto per le riviste Pangea.news, Hic Rhodus e L’intellettual Dissidente. Ha pubblicato le raccolte poetiche Se mi ami sopravvalutami (Controluna, 2019) e La bambina impazzita (Arkadia Editore, 2023). Nel 2021 ha collaborato con il cantautore Immanuel Casto all’album Malcostume, come coautrice dei testi. Una sua poesia, Baobab, è pubblicata nell’Agenda Utopica 2024 di Sartoria Utopia. Un suo poemetto è pubblicato nell’antologia Antenate II edita da Sartoria Utopia. Nel 2024 ha partecipato al progetto Arimo – La spoon river di Milano presso Casa degli artisti, con un’installazione videopoetica ispirata alla vicenda del serial killer Antonio Boggia.

Lui
Viviana Viviani
Connessioni Editore (Scavi urbani)
pp. 84
euro 10

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