L’INVENZIONE DELLA MADRE di Marco Peano

L'invenzione della madre

L’invenzione della madre è un libro che si legge con trasporto. È una storia che riguarda e ha riguardato molti di noi, che qui assume i connotati specifici e soggettivi del commiato dalla madre, ma in cui non manca una dimensione più universale che tocca i temi della sofferenza e della separazione.

Mattia, appassionato di cinema, è un ventiseienne che fa fatica a “smarcarsi dalla condizione di figlio”: vive ancora con i genitori, ha lasciato l’università, ha una ragazza con la quale fa fatica ad immaginare un futuro.

È in questa incapacità d’inventarsi un’altra vita che lo coglie la malattia della madre. Continua a leggere

Penna a penna. Intervista con l’autore: Piergiorgio Pulixi

PiergiorgioPulixiQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Quando ho iniziato confondevo l’essere uno scrittore con quel bisogno istintivo e insopprimibile che è il raccontare storie. Sono due cose diverse. Scrivere libri e romanzi con lo scopo della pubblicazione significa diventar parte di un processo commerciale perché quei libri poi andranno venduti. Per fare questo devi essere disposto a scendere a patti con ciò che scrivi, come lo scrivi, e per chi lo scrivi. E non do a questo un’accezione negativa. Quel bisogno incolmabile di essere un tramite per le storie che ti nascono dentro è solitamente poco propenso al compromesso e allo scendere a patti. Il vero scrittore invece riesce a mediare con quell’impulso e cerca di addomesticare quella necessità per far sì che le sue storie possano essere migliori e più consone al maggior pubblico possibile. Riesce a comprendere che se davvero vuole raccontare quelle storie, deve fare in modo di renderle universali, aprendosi a un pubblico più vasto di quello dei lettori immaginari della sua mente. Per questo la figura degli editor è così importante: se gli autori a volte sono dei palloncini che si librano in volo e raggiungono altezze pericolose dove la pressione è così alta che potrebbe farli scoppiare, gli editor sono le funicelle e le mani a cui quei palloncini sono legati e che tirandoli, li riportano ad altezze più sicure.  Quando ho iniziato questo non lo capivo. Idealizzavo troppo i lettori e non avevo nemmeno contezza di chi fossero gli editor. Quando poi ho avuto a che fare con lettori, editor e librai “reali”, ho capito che stavo sbagliando, e ho iniziato a scrivere in modo diverso, con più consapevolezza. Continua a leggere

Penna a penna. Intervista con l’autore: Alessandro Cinquegrani

AlessadroCinquegraniQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Non so quando ho cominciato a scrivere. Forse non ho mai cominciato davvero, tutto va a ondate, a momenti. Da ragazzo, come tutti, scrivevo poesie, ho avuto qualche riconoscimento, poi sono arrivato a una fase di stallo. Forse non avevo più niente da dire, o forse non avevo più come dirlo. Poi il silenzio, poi di tanto in tanto qualche folata, il ritorno, con la prosa: scrittura, silenzio, scrittura, silenzio, senza continuità, senza progetto. Fino a Cacciatori di frodo che è nato improvvisamente e inaspettatamente da un’esigenza profonda.
Non ho mai pensato di diventare uno scrittore, né penso che aver pubblicato un romanzo e fatto qualcos’altro (teatro, per esempio) faccia di me uno scrittore. La scrittura è un processo dinamico, che nasce da una ricerca, da un’identità inappagata. Non credo ci sia un momento in cui si dica “ecco, sono uno scrittore”, perciò non credo possa esserci un momento in cui si vuole diventare scrittore. Continua a leggere

VENEZIA È LAGUNA di Roberto Ferrucci

VeneziaLagunaCome se dei tir attraversassero piazza Duomo a Milano, o dei carri armati percorressero Ponte Vecchio a Firenze, come se degli aerei atterrassero sugli Champs Élysées a Parigi o dei treni tagliassero in due piazza Navona a Roma.

Con queste similitudini viene definito, nell’opera di Roberto Ferrucci, il passaggio delle navi da crociera nella laguna di Venezia. Una laguna che, sottolinea l’autore, “non è mare”, e nella sua peculiarità andrebbe rispettata.
Il passaggio dei “mostri composti da tonnellate di acciaio” sullo sfondo di una delle città più belle del mondo diventa narrativa: a parlare infatti, prima che un giornalista che fa un’inchiesta, è un abitante che guarda a questo fenomeno con gli occhi lucidi e preoccupati di chi sente la propria casa in pericolo, trovando un alleato in un vecchio pescatore che, al passaggio di ogni mostro, dalla riva della laguna, deve riavvolgere in fretta il suo filo da pesca per proteggere la propria attrezzatura (o forse, come piace pensare all’autore, per “una timida forma di silenziosa protesta”).

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Penna a penna. Intervista con l’autore: Gianluca Morozzi

GianlucaMorozziQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
A dodici/tredici anni. Mio nonno mi ha regalato una macchina da scrivere, un manuale di dattilografia e l’autobiografia di Isaac Asimov. Il mix è stato devastante: da lì in poi non ho mai voluto fare nient’altro che questo.

Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Scrivevo racconti di fantascienza: il primo si intitolava Divoratore cosmico, e si svolgeva su Nettuno. Il primo romanzo, che ho riscritto quattro o cinque volte, si intitolava Trappola androide. Indimenticabile.
Poi ho avuto il grande innamoramento per Stephen King, e ho provato a imitarlo per metà degli anni Novanta. Dopo ho scopiazzato Tondelli, Brizzi, Nick Hornby, Paolo Nori. E nel Duemila finalmente ho pubblicato.
Grandi incoraggiamenti non ne ho avuti, se non da mio padre, che però aveva una tecnica di incoraggiamento simile agli allenatori di pallavolo dei cartoni animati giapponesi degli anni Ottanta. Se avete presente.

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LE FRAGILI ATTESE – Mattia Signorini

LeFragiliAtteseQuando diventò il proprietario della Pensione Palomar, nell’inverno del 1952, Italo rimase a lungo seduto sul pavimento della sua stanza. Osservava una piccola macchia di muffa. Dall’angolo vicino alla finestra si stava allargando verso l’alto come il sentore di un’attesa.

Questo romanzo è una storia che ne racchiude tante altre: a fare da sfondo alle vicende, fino a diventarne essa stessa una protagonista, è la pensione Palomar, un anonimo edificio situato nella zona periferica di una grande città e e crocevia di numerose esistenze che, tra le quattro mura del piccolo albergo, si dipanano e si intrecciano.
Nel presente narrativo Italo, che gestisce la pensione da quarantasei anni, è intento a sbrigare le ultime faccende prima di chiudere definitivamente l’attività e girare un po’ il mondo, come avrebbe sempre voluto fare. A distrarlo è il ritrovamento di alcune lettere d’amore risalenti agli anni cinquanta; Italo, non accontentandosi di conoscere solo i contorni della vicenda deducibili dalle parole contenute in quelle lettere, decide di mettersi alla ricerca dell’autrice misteriosa, la quale si firma solo con l’iniziale S.:

Cosa era successo tra lei e l’uomo a cui scriveva le lettere? Italo non riusciva a capirlo. Forse la risposta era scritta in quelle che doveva ancora leggere, o in modo più semplice, gli venne da pensare, era scritta nella vita, che non va mai come vorremmo veramente.

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Penna a penna. Intervista con l’autore: Andrea Molesini

AndreaMolesiniQuando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Intorno ai vent’anni. Volevo essere poeta, solo poeta.

Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Poesie. No, nessuno mi ha incoraggiato.

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Penna a penna. Intervista con l’autore: Federico Moro

FedericoMoro1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicuro di voler diventare uno scrittore?
Posso dire di avere sempre scritto. Poesie, appunti, commenti, riflessioni, racconti brevi. La forma scritta rappresentava il modo normale di organizzazione del pensiero. Di base sono uno storico ed era questo che desideravo diventare: un indagatore del tempo per cercare di carpire i suoi segreti alla verità. Il lato letterario si è sviluppato, per così dire, come una sorta di deviazione del ramo principale. Tale resta ancora oggi.

2. Che cosa scriveva all’inizio? È stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Ho cominciato con la poesia. A lungo è stata la forma letteraria che mi sembrava più adatta a esprimere quanto cercavo di dire. Ancora adesso cerco nei versi quegli accenti che non riesco a trovare altrove. Non ho mai ricevuto alcun incoraggiamento. Anzi. Scrivere per me è stato quasi un atto d’insubordinazione, di sicuro una dimostrazione di ostinazione. O di volontà, se si preferisce.

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METROPOLI di Massimilano Santarossa

Metropoli-massimiliano-santarossaIn poche parole: in un futuro ipotetico, l’implosione delle strutture economiche porta alla dissoluzione del mondo, della società per come noi la conosciamo, porta alla quasi totale estinzione del mondo vivente. Gli uomini rimasti vagano combattendo per la vita, nella desolazione, con la speranza di trovare quello che rimane l’unico approdo che possa promettere la salvezza: Metropoli, città-fortezza che metabolizza tutto e che tutto usa per crescere, a partire dai suoi abitanti.

Giunto a Metropoli il protagonista diventerà il cittadino 5.937.178.

“Rimase seduto sull’asfalto bagnato e lucido per ore. La testa tra le mani. La schiena dolorante. Le braccia schiacciate tra le gambe. Si proteggeva dal gelo e dalla pioggia come un animale in punto di morte, abbandonato, con nemmeno la volontà di disperarsi. Dove era il recupero, dove era la salvezza, dove era la speranza cui ogni essere del passato, del presente, del futuro si affidava, erano le nere nuvole ad aver divorato Dio? Si ricordò del foglio con le indicazioni. Lo prese dalla tasca. Le dita gli tremavano, gli occhi faticavano a mettere a fuoco le lettere rosse stampate sulla carta gialla. Cittadino numero 5.937.178, il suo Alloggio del Popolo si trova alla Zona Riposo, Isolato Residenziale alla Periferia Est, Altezza Z, Posizione B 2.2.6. Raggiungibile attraverso Sistema Elettrico di Superficie.

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