ELOGIO DELLA LETTURA E DELLA FINZIONE di Mario Vergas Llosa

Elogio della lettura copertinaQuando realizzi che la vita fa schifo, è quello il momento in cui prendi in mano un libro.
Sarà che per me è stato così e in un’età in cui ancora non avevo la consapevolezza per capire che, se amavo tanto leggere, era perché mi ribellavo a tutto quello che mi circondava.
Ma ritrovare questa verità nelle parole di Vergas Llosa è stato consolante.
Molti vedono nella lettura appassionata un modo di evadere, fuggire dalla realtà per rifugiarsi nella finzione e in parte è così, ma c’è dell’altro; un concetto più profondo e sottile che a volte anche chi lo pratica non riesce a cogliere interamente.
Chi cerca nella finzione ciò che non ha, dice, senza la necessità di dirlo, e senza neppure saperlo, che la vita così com’è non è sufficiente a soddisfare la nostra sete di assoluto, fondamento della condizione umana, e che dovrebbe essere migliore”.
Non mi permetto nemmeno di riassumere questo concetto, che peraltro campeggia sulla copertina di questo pamphlet, Vargas Llosa lo ha espresso troppo bene per banalizzarlo.
Le trentaquattro pagine del suo discorso al Premio Nobel, non lo nego, mi hanno commosso.
Dopo aver ascoltato tanti discorsi vuoti, costruiti con l’intento di abbindolare e mistificare il loro vero fine, la sincerità di Vargas Llosa cauterizza e guarisce le ferite di chi vorrebbe ascoltare la verità e la convinzione e a cui rifilano costantemente, sfacciatamente, arrogantemente solo menzogne e doppi fini.
Vargas Llosa crede in quello che dice e lo dimostra la vita che ha condotto fino ad ora.
Ribadisce senza sosta l’importanza dei libri e della letteratura nella lotta contro l’oppressione da parte di tiranni, religioni ed ideologie.
I libri alimentano il senso critico, ci mostrano i mali del nostro tempo, ci avvertono dei rischi che stiamo correndo, ci aiutano a mantenerci liberi.
Ma non solo, ci legano gli uni agli altri, ci rendono fratelli, al di là del nostro Paese, della nostra lingua e religione, del nostro sesso, perché: “Quando Emma Bovary beve l’arsenico, quando Anna Karenina si butta sotto al treno o quando Julien Sorel sale sul patibolo, (…) lo sconvolgimento è simile tanto per il lettore che adora Buddha quanto per quelli che credono in Confucio, nel Cristo o in Allah o per un agnostico, in giacca e cravatta, o con la gellaba, il kimono o i pantaloni da guacho. La letteratura crea una sorta di fratellanza all’interno della diversità umana ed eclissa le frontiere erette tra gli uomini e tra le donne dall’ignoranza, le ideologie, le religioni, le lingue e la stupidità”.
Il tono semplice e modesto con cui Vargas Llosa si esprime non sminuisce le sue parole e le sue idee, semmai le valorizza, rendendole universalmente comprensibili e soprattutto sincere e sentite.
Non lesina ringraziamenti ad autori del passato come Faulkner, Mann, Conrad, Balzac, Sartre, Camus e su tutti Flaubert, trovando per ognuno il merito di avergli insegnato qualcosa, “se in questo discorso citassi tutti gli scrittori cui debbo qualcosa o molto, le loro ombre ci oscurerebbero. Sono infiniti”.
Sostiene di essersi sentito “a casa” in ogni Paese in cui ha vissuto, “Francia, Inghilterra, Spagna”, ma che diventando “cittadino del mondo” non sente di aver perso “le sue radici”, perché “l’amore per il Paese in cui uno è nato non è un obbligo, ma, così come qualsiasi altro amore, è una pulsione spontanea del cuore, al pari di quella che unisce gli amanti, i padri ai figli, gli amici tra loro”.
E spontaneo è stato certamente questo discorso a cui riconosco un’unica pecca, il prezzo dell’edizione Einaudi.
Otto euro sono davvero troppi per sole 34 pagine, a cui non è stata affiancata nemmeno una piccola biografia dell’autore o un’introduzione di poche righe. Peccato.

Elegio della lettura e della finzione
di Mario Vergas Llosa
Traduzione di Paolo Collo
Anno 2011
pp. 26
€ 8,00
ISBN 9788806208561

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