Zero K di Don DeLillo

Tutti vogliono possedere la fine del mondo.

Nietzsche, nello Zarathustra, identifica la virtù suprema nella capacità di vivere per tramontare, qualità che definisce gli Ultra Uomini come coloro che “passano dall’altra parte”, la loro peculiarità starebbe, quindi, nella capacità di scomparire – d’essere un ponte piuttosto che rappresentare o avere uno scopo – per consentire una nuova alba, nel susseguirsi dell’alternanza delle forme della storia.

Le oltre 240 pagine di Zero K – il magnifico libro di Don DeLillo – sono la dimostrazione della opinione di Nietzsche ab absurdo, cioè ipotizzando che la tesi sia falsa e mostrando che in questo caso si presenterebbero delle antinomie.

Siamo un in tempo scardinato e illuminato da una luce polverosa in una data indefinita, ma figlia della fase post capitalistica, post socialista, ma soprattutto post religiosa, in cui l’afflato verso il lato metafisico della natura umana è assorbita dalla nuova fede nella scienza, una forma di neopositivismo che impronta di sé ogni aspetto della vita e, soprattutto, della morte.

In questo tempo fuori di sesto, l’autore ci presenta il giovane Jeffrey Lockhart, il cui padre, Ross, è un magnate della finanza ultra sessantenne con una moglie più giovane, Artis Martineau, gravemente malata. Ross è l’azionista principale di Convergence, una startup tecnologica con una sede, al contempo futurista e medioevale, nel deserto del Kazakistan: lo scopo della azienda è quello di sviluppare approcci per conservare i corpi fino al giorno in cui la medicina potrà guarire ogni malattia.

Se ne occupa una speciale unità, chiamata Zero K, a cui hanno deciso di affidarsi Ross e Artis. Jeff è confuso, suo padre non è malato, per cui non vi sarebbe neppure questo movente per ricorrere alla terapia, viene colto dal sospetto che Ross sia stato plagiato.

… Ed è a questo che penso quando cerco di immaginare il futuro. Rinascerò in una realtà più profonda e più vera. Linee di luce brillante, la pienezza di tutte le cose materiali, un oggetto sacro…

Per cui Jeffrey è contrario al desiderio del padre di sottoporsi alla terapia, vede il fine della vita dentro la vita, nel presente, con la sua relatività e imperfezione: è l’Ultra Uomo di Nietzsche che accetta il nichilismo implicito nella sua natura e ne fa chiave per il futuro. Del resto su Convergence, malgrado l’incarnazione della massimizzazione della capacità tecnologica, brilla il sole del crepuscolo: una architettura medioevale, manichini senza volto (umani privati dell’organo del cervello), monaci in fuga dalla filosofia Scolastica o, invece, al suo indirizzo, loculi, labirinti, catacombe, schermi proiettanti immagini di guerra e morte.

Al momento del passaggio tra vita e attesa, Ross sembra convincersi che questa forma di suicidio assistito, almeno per chi non abbia malattie, sia una forma di crimine metafisico e rinuncia.

Comincia la seconda parte del libro, dove soffriamo con Jeffrey per la sua infanzia incompiuta, con una madre (Madeline) vittima della mediocrità del padre, assente ed egocentrico, immerso nel sogno-incubo della ricerca del Graal dell’immortalità.

Ora l’occhio di DeLillo si punta su una New York inumana, piena di auto smarmittate, con una luce dionisica che ascende dai pori degli uomini alle narici di un dio latitante; Jeffrey ha una relazione con Emma, psicologa dell’infanzia, ma la Parola tra loro suona silente: questo condurrà il figlio ad accompagnare il padre, sconfitto dal male di vivere, di nuovo sull’orlo dell’abisso, a Convergence. Questa volta Ross compie il balzo metafisico verso una metavita simbolica, o meglio, verso la sua aspettazione.
Jeffrey torna a New York a fottersi di routine in giornate sature della luce di giorni morenti. Ma un giorno, caratterizzato da un tripudio eliocentrico, l’immagine rubata da un bus della solare meraviglia di un bambino di fronte allo spettacolo cromatico della luce, folgora Jeffrey con lo svelamento del senso dell’Essere, nell’accettazione della morte come bordo, limite, finalità della vita.

La forma utilizzata da DeLillo è funzionale al condurre il lettore nel labirinto di Zero K, tra il Cariddi della religione e lo Scilla della scienza, in uno habitat di luminosa decadenza, dell’abbacinante luce pallida della luna; il linguaggio alterna l’asettico segno della tecnica, con il magico argomentare della metafisica a sfidare il detto di Wittgenstein, di tutto ciò di cui non si può parlare è meglio tacere. I piani narrativi sono l’incedere di un ubriaco-razionale in un labirinto, come in Borges, Calvino, Eco.
Convergence crea la più distopica tre le chiese laiche, quella basata sulla scienza e sulla sua ancella, la tecnologia. Oltre le colone d’Ercole di qualsivoglia religione, di ogni ideologia, di tutte le narrazioni, dopo la morte di ogni divinità, oltre il crepuscolo dell’uomo, v’è la fede nella fede della scienza, che come un Uroboro tende a ridivenire pensiero magico.

Col tempo emergerà una religione della morte in reazione al nostro prolungamento della vita.

È la ragione che sconfitte le aporie delle religioni torna a cibarsene: una razionalità mitologica, un illuminismo illuminato da sempre più flebile fiaccole. DeLillo ci racconta, come in Rumore Bianco, come in Underworld, come in tutta la sua produzione, della tecnologia come di un Leviatano smisurato, ormai fuori del controllo dell’Uomo che, come nella ballata di Goethe, veste i panni dell’Apprendista Mago e cerca di controllare l’incontrollabile. L’autore stesso declina i numerosi interrogativi morali che pone la questione di una tecnica utilizzata per la vita perpetua:

Questi sviluppi segneranno forse la fine delle guerre o determineranno un nuovo livello di conflitti generalizzati?… La tecnologia è animata da un desiderio di morte?

Domande che DeLillo ci lancia addosso, come dardi infuocati, mentre sullo sfondo percepiamo Ross come incarnazione dell’uomo che fonda il suo ego sulla presunta onnipotenza: ha vinto ormai tutto e può solo sfidare la morte, ma questa è un’abitudine difficile da rimuovere.

Zero K
Don DeLillo
Trad. Federica Aceto
Einaudi (Super ET)
pp. 244
euro 12

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