Zero K di Don DeLillo

Tutti vogliono possedere la fine del mondo.

Nietzsche, nello Zarathustra, identifica la virtù suprema nella capacità di vivere per tramontare, qualità che definisce gli Ultra Uomini come coloro che “passano dall’altra parte”, la loro peculiarità starebbe, quindi, nella capacità di scomparire – d’essere un ponte piuttosto che rappresentare o avere uno scopo – per consentire una nuova alba, nel susseguirsi dell’alternanza delle forme della storia.

Le oltre 240 pagine di Zero K – il magnifico libro di Don DeLillo – sono la dimostrazione della opinione di Nietzsche ab absurdo, cioè ipotizzando che la tesi sia falsa e mostrando che in questo caso si presenterebbero delle antinomie.

Siamo un in tempo scardinato e illuminato da una luce polverosa in una data indefinita, ma figlia della fase post capitalistica, post socialista, ma soprattutto post religiosa, in cui l’afflato verso il lato metafisico della natura umana è assorbita dalla nuova fede nella scienza, una forma di neopositivismo che impronta di sé ogni aspetto della vita e, soprattutto, della morte. Continua a leggere

RICORDAMI COSÌ di Bret Anthony Johnston

Sono trascorsi quattro anni dal giorno in cui Justin Campbell, un ragazzino di undici anni, è uscito di casa per fare un giro con lo skateboard ed è scomparso nel nulla. La famiglia non si è mai data per vinta e ha continuato a cercare il ragazzo con ogni mezzo: tappezzando la zona di volantini, attivando un numero per le segnalazioni, aggrappandosi con le unghie alle illusioni indotte da pazzi mitomani.

La sfida più grande di questo romanzo è cominciare proprio laddove i libri sui rapimenti solitamente finiscono: “Oggi è un giorno felice per il Texas meridionale”, dichiarano all’unisono televisioni e radio. I cittadini di Southport sono incollati agli schermi e non riescono a credere che l’impossibile sia accaduto. Justin è stato ritrovato e pare stia bene. Non c’è alcun mistero da risolvere sulla sua scomparsa: fin da subito appare chiaro dove sia stato e cosa gli sia successo. Un incipit così anti-narrativo che per un momento ti chiedi se davvero la verità sia tutta lì, se non ci sia qualcos’altro che non sai. Eppure in quello che è stato definito dal New York Times uno dei migliori romanzi del 2015, anno di uscita, qualcosa spinge comunque a girare le pagine. Perché una domanda narrativa c’è. Ed è impellente: cosa succede quando di solito si chiude il sipario.

Leggere questo libro è stato è un po’ come sbirciare dal buco della serratura di una porta chiusa. Più precisamente, la porta di casa Campbell dopo il ritrovamento di Justin, nel momento in cui, svanito il clamore della notizia, c’è tutta una vita da ricostruire silenziosamente, pezzetto dopo pezzetto Continua a leggere

LA DONNA CHE SCRIVEVA RACCONTI di Lucia Berlin

150055571-f507e4b7-b771-4469-abb3-50982f6f708aPer poter scrivere racconti come quelli di Lucia Berlin bisogna aver vissuto una vita come la sua. Bisogna aver esplorato più strade e aver guardato le cose con occhi sempre diversi. Bisogna essere nati in Alaska e aver vissuto in Messico, passando per il Cile e la California. Bisogna aver indossando i panni della donna delle pulizie, così come quelli dell’alcolista. Aver vissuto una vita dai tanti volti e una sola identità. Fatto diversi lavori e tutti apprezzati in quanto modi differenti e unici di stare al mondo.

Amo le case, le cose che mi raccontano, e questo è uno dei motivi per cui non mi dispiace fare la donna delle pulizie. É proprio come leggere un libro.

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