JANE SEYMOUR, LA REGINA PIÙ AMATA di Alison Weir

Jane si tolse la ghirlanda di fiori che indossava, perché i fiori stavano appassendo, e si lisciò le lunghe trecce. Erano color paglia chiaro, e luccicavano come fili di seta sulle spalle.

[…] Erano il suo unico motivo di vanto. Per il resto, aveva gli zigomi poco pronunciati, il naso troppo grosso, il mento troppo appuntito, la bocca troppo piccola, la pelle troppo bianca.

Plain Jane: Jane la scialba, l’ordinaria. Questa sembra essere la definizione riservatale da messire Chapuys, ambasciatore dell’imperatore Carlo V presso la corte inglese. E non più generosi sono il ritratto di Hans Holbein il Giovane o la descrizione di Alison Weir, autrice del romanzo che ne dipinge la vita Jane Seymour, la regina più amata – Le sei regine Tudor (ed. Beat, trad. dall’inglese di Maddalena Togliani). Eppure, Jane è stata davvero la moglie più amata da Enrico VIII, la “rosa inglese” accanto alla quale ha scelto di riposare in eterno a Windsor. Curiosamente, nell’edizione originale Jane è “The Haunted Queen” a sottolineare come la sua immagine venga velata da quella presenza che risulterà ingombrante in vita ma ancora di più dopo la morte: Anna Bolena, la seconda moglie. A tratti, Anna è così protagonista sulla scena del romanzo da farmi pensare ne sia la figura centrale e forse lo è, sulla carta come nella vita reale. Alla fine, sarà proprio la figlia di Anna, la futura regina Elisabetta I a regalare all’Inghilterra l’età dell’oro e non il povero Edoardo (Edoardo VI), unico erede maschio di Enrico VIII e Jane, morto troppo giovane. La stessa Jane, riposando sotto una vecchia quercia nel parco di Hatfield, percepisce nella mente le profetiche parole di una donna: “Questa è opera del Signore; è meraviglioso ai nostri occhi” ma non può immaginare che saranno pronunciate da Lady Elisabetta, in quello stesso luogo, nel momento in cui riceverà la notizia della sua ascesa al trono.

Il confronto con Anna Bolena non è puramente fisico ma anche e soprattutto morale e di comportamento. Jane discende da una famiglia con più nobili antenati, è profondamente religiosa e amabile ma è meno istruita e vivace, passa inosservata mentre Anna è come una fiamma per le falene. Eppure, la dolcezza e la remissività diventeranno i gradini che le permetteranno di salire al trono accanto all’irrequieto Enrico, anche se Alison Weir vuole lasciarci il dubbio che tante virtù trovino la propria contropartita nell’ambizione personale e famigliare e in un ruolo non secondario nella rovina e nella condanna a morte della rivale. Sarà questa la ragione per cui lo spirito di Anna non vuole abbandonarla?

All’inizio pensò che l’ombra scura sul muro fosse un’illusione ottica. Le ci volle un attimo per capire che non era possibile. Sembrava una donna con un alone attorno alla testa…o un copricapo francese! Era una donna con un copricapo francese, ne era sicura. Venne assalita dal terrore. Anna era venuta a tormentarla; Anna, che si sarebbe divertita un mondo a rovinare la sua felicità; Anna, sua nemica quand’era viva, e ora anche da morta. Voleva nasconde

rsi sotto la trapunta, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Si poteva provare desiderio di vendetta in purgatorio? Oppure Anna era già all’inferno, costretta ad aggirarsi sulla terra per l’eternità e a tormentare coloro che l’avevano distrutta? Era apparsa così anche a Cromwell? Tormentava i suoi sogni

?

L’anonima Jane cerca in ogni modo di rivendicare il proprio io, a partire dalla scelta del motto “Destinata a obbedire e servire”, un vero e proprio codice di condotta, e dell’emblema: una fenice che risorge da una torre tra le fiamme circondate dalle rose Tudor. La fenice è simbolo di rinnovamento e Jane rappresenta la nuova speranza di un erede per la casata. Il suo animale araldico è la pantera, bianca e coperta di pois rossi e blu, che rappresenta la procreazione e la rinascita. La nuova regina consorte sarà, infine, gratificata dalla nascita di un figlio maschio che consoliderà la sua posizione, assicurandole influenza e potere.

Sentì perdonate le sue colpe, come se le fosse stato tolto un grande peso dalle spalle. Dandole la benedizione di un figlio, Dio mostrava di considerarla con benevolenza. Decise di lasciarsi il passato alle spalle. Anna non avrebbe più potuto farle paura. 

È toccante pensare che l’eredità di Jane sia tutta in una sola lettera, come spiegato nelle esaurienti note dell’autrice alla fine del romanzo, la più importante, in cui annuncia con orgoglio al re la nascita dell’erede designato. Ed è triste che sia morta per complicanze solo dodici giorni dopo il parto, senza poter assaporare quel tanto desiderato godimento spirituale e materiale legato a una maternità così piena di significati.

Jane non ha lasciato chiari indizi del suo passaggio, come moglie di Enrico VIII è vissuta così poco da non avere il tempo di deluderlo, ma Alison Weir ha saputo ascoltare e interpretare lucidamente la sua voce, ricorrendo alle poche fonti storiche disponibili e alla sua fantasia per colmarne le mancanze. Il risultato è un romanzo accurato e plausibile che sfiora la biografia e ricorda al lettore che

[…] le corone ingioiellate e gli scettri appariscenti sono messaggeri di tragedia e morte.
  (Da una poesia di Alison Weir)

 

JANE SEYMOUR, LA REGINA PIÙ AMATA
Alison Weir
Trad. Maddalena Togliani
BEAT
pagg. 544
19 euro

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