Penna a penna. Intervista con l’autore: Giusi Marchetta

GiusiMarchettaQuando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
Da piccola lo sognavo di sicuro. Al liceo ho cominciato a scrivere racconti ma non pensavo che avrei potuto superare certi blocchi e diventare una scrittrice.

Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
Scrivevo storie col finale a sorpresa, fantastiche o di fantascienza. Sperimentavo col punto di vista. Un disastro. All’università ho frequentato il laboratorio di Antonella Cilento che mi ha fatto scoprire alcuni autori necessari, ha evidenziato tutte le mancanze della mia pagina ma ha anche creduto molto in me. Lei mi ha fatto pensare che dovevo provarci.

Come si fa a sviluppare una buona tecnica della scrittura? Ci sono trucchi che si possono usare per migliorare?
Ci sono di sicuro, ma più che trucchi direi che sono delle accortezze che riguardano la coerenza della narrazione o la credibilità dei personaggi. Ogni scrittore credo affini le proprie tecniche (anche perché non c’è un accordo univoco su quali utilizzare). Ultimamente Vincenzo Latronico ha scritto su Rivista Studio un articolo molto bello sulla rilettura e sulle cose cui fare attenzione. Personalmente credo che la lettura di molti libri e la rilettura maniacale dei proprio manoscritto siano fondamentali.

C’è una cosa che ha scritto tanto tempo fa e che le piace quanto ciò che scrive adesso?
Bella domanda. Mi piace un racconto in Napoli ore 11, Poggioreale, perché mi sembra di aver sperimentato un tipo di scrittura che, al netto delle debolezze, vorrei portarmi dietro.

Le sue storie (i suoi libri) nascono meglio quando scrive in tranquillità o sotto stress?
Fatico a immaginarmi senza stress. Diciamo che preferisco i tempi lunghi di un pomeriggio libero o di una domenica senza impegni per lavorare a un romanzo. Ho bisogno di ore per scrivere anche solo due righe.

Legge molto? Quali scrittori l’hanno influenzata maggiormente?
Leggo molto. Tanto che adesso mi è un po’ difficile cogliere le influenze degli scrittori che amo e anche di tutti gli altri sulla mia pagina. Di recente mi sono innamorata di Annie Ernaux e penso che la studierò per arrivare a copiarne anche solo una riga.

Ha delle abitudini quando scrive? Predilige dei luoghi particolari dove scrivere?
Ho bisogno di rinchiudermi in biblioteca. Senza internet.

Uno scrittore può imparare lo stile?
Credo di sì. Penso che possa avere una preferenza per uno stile da imitare e che col tempo possa farlo suo.

Il libro è già tutto presente nella sua testa prima di cominciare a scrivere o si sviluppa, sorprendendola, mano a mano che va avanti?
Dipende. Ho di sicuro presente la storia che voglio raccontare e di solito la strutturo già in una scaletta all’inizio per cercare di capire il modo più efficace di scriverla. Però questa scaletta iniziale si arricchisce poi di fatti e di deviazioni sulla pagina. La riprendo in continuazione.

Quanto c’è di autobiografico nei suoi lavori?
C’è una componente autobiografica che varia di lavoro in lavoro. Lettori si cresce è diventato mio malgrado una confessione sulla lettura. In Acqua scritto per l’antologia non fiction Quello che hai amato curata da Violetta Bellocchio, l’autobiografia era alla base della raccolta: non ho potuto farne a meno. Per il resto spesso mi piace nascondere qualcosa di mio in quello che scrivo, soprattutto quando non si direbbe.

Progetti per il futuro?
Sto scrivendo un romanzo. Spero di finirlo.

Scrittura a parte, qual è la forma d’arte che sente più affine?
Sono molto affascinata dal cinema e dal teatro. Ogni volta che si mette in scena una narrazione che mi colpisce per me è festa.

Il suo rapporto con le critiche e la Critica?
Cerco di mantenerlo sano per quanto posso. Mi avvicino a qualunque recensione con il dovuto timore e, quanto alla Critica, tento di tenere sempre a mente che essere letti è un privilegio data l’abbondanza di libri altrettanto meritevoli presenti in giro. Poi è ovvio che un giudizio negativo faccia male, ma, se è ben argomentato, ho potuto appurare che ha un effetto positivo su quello che si scrive dopo.

Quali sono le sue piccole manie?
Ne ho una grossa che seppellisce le piccole: scrivo una storia cominciando dall’incipit e andando di seguito. Non salto perché magari ho bene in mente una scena che avverrà più avanti. Aspetto di arrivarci. Poi ovviamente il libro viene ripreso, integrato, magari delle parti vengono invertite, però, intanto, lo scrivo nell’ordine in cui dovrebbe essere letto. So che è assurdo e a volte controproducente, ma non posso farci granché. Non sarebbe una mania altrimenti.

 

Giusi Marchetta, nata a Milano nel 1982, è cresciuta a Caserta, poi si è trasferita a Napoli. Oggi vive a Torino dove è insegnante. Per Terre di Mezzo ha pubblicato le raccolte di racconti Dai un bacio a chi vuoi tu (2008), con la quale ha vinto il Premio Calvino, e Napoli ore 11 (2010). Il suo primo romanzo, L’iguana non vuole, è stato pubblicato nel 2011 da Rizzoli. Nel 2015 è uscito, per Einaudi, Lettori si cresce.

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