LA ROSA È VIVA di Denise Ciampi

«E io ho il cuore nero e tanta gente mi vorrebbe al cimitero, Ma io ho il cuore nero e me ne frego e sputo in faccia al mondo intero!». Marco ha messo i 270 Bis e canta, pigiando il piede sull’acceleratore. Alla fine della canzone stende il braccio quanto gli consente il tettino della macchina: «A noi!».

Questa musica mi piace, quando la ascolto mi sento parte di qualcosa di grande, che cambierà il mondo. Qualche mese fa sono stata anche a un concerto, Marco mi teneva il braccio sulle spalle e cantava, io invece non cantavo un granché, perché tante canzoni non le conoscevo. Allora ho incominciato a ascoltare la nostra musica con gli auricolari, così imparo le parole.

Con La rosa è viva, romanzo pubblicato da ChiPiùNeArt Edizioni, Denise Ciampi intreccia una storia contemporanea, attualissima, a una storia, che risale agli anni Quaranta, di fascismo, antifascismo e resistenza.

Gaia, studentessa di una periferia romana degradata e violenta, è fiera di essere la ragazza di Marco, giovane militante di destra di cui condivide ‒ senza eccessiva consapevolezza e piuttosto acriticamente, salvo qualche timido dubbio ‒ le idee: l’omofobia, la xenofobia, il ruolo delle donne e l’odio per le zecche rosse. È giovane, Gaia, e vuole quello che i giovani di tutte le epoche hanno sempre voluto: sentirsi parte di qualcosa di grande, cambiare in meglio la realtà che hanno sotto gli occhi. Così va in sezione, fa volantinaggio, distribuisce generi alimentari agli indigenti (rigorosamente italiani).

Nella confusa posizione ideologica di Gaia, fatta di schematismi e di semplificazioni, si fa strada il dubbio. L’illuminazione non è immediata: avviene poco per volta durante la lettura di un vecchio incartamento, consegnatole con commozione dai nonni materni. Si tratta di lettere non spedite e di pagine di diario, scritte prima a Torino, poi in un lager nazista, dalla sua bisnonna, Lidia, partigiana. Un materiale prezioso, miracolosamente arrivato fino a lei. I nonni vogliono far conoscere alla nipote adolescente un pezzo fondamentale delle vicende familiari che si inscrivono nella storia del secondo conflitto mondiale e degli orrori del nazifascismo.

Nonno torna in cucina con delle carte, legate con un laccio rosso. Lui e nonna si guardano: da come brillano i loro occhi, mi viene da pensare che si tratti di vecchie lettere d’amore.
«Non l’hai conosciuta. Se chiamava Lidia, era mi’ madre, la nonna de tu’ madre. ‘Ste carte l’abbiamo tenute noi pe’ tanti anni, mo pijale te». Prendo i fogli dalle mani di nonno e sento che sta tremando. Proprio sotto al nodo che tiene insieme il pacchetto c’è una foto un po’ scolorita. È un primo piano di Lidia, deve averlo scattato un fotografo nel suo studio, come si usava una volta.

Una storia di formazione, dunque. Gaia non può fare a meno di rendersi conto della violenza che ancora oggi caratterizza i rapporti fra i sessi, soprattutto all’interno della sezione neofascista che ha frequentato e dalla quale a poco a poco prende, non senza correre qualche rischio, le distanze.

Quando ho cominciato ad andare in sezione mi sembrava tutto facile, non c’era da farsi troppe domande, era tutto organizzato.
Sai subito come ti devi vestire, quale musica ascoltare, dove andare la sera. E senti anche che, se ti serve, c’è qualcuno che ti può proteggere. Quando ero la donna di Marco a nessuno gli sarebbe saltato in mente di darmi fastidio. Mi stava bene così.
Lo sapevo che certe cose le donne in quell’ambiente là non le possono fare, ma anche questo mi andava bene, perché era chiaro qual era il nostro compito e quando si trattava di aiutare la gente mi sembrava di fare una cosa giusta. Anche se alla gente non gli puoi risolvere la vita, puoi dare un aiuto concreto. È vero, ma se ci pensi bene tutto questo si regge sulla paura. Quando uno è pieno di casini gli sta bene trovare un nemico, magari un altro disgraziato, che diventa il male di tutti i mali, quello che è venuto in Italia a rubarci il pane e la casa. Ogni volta che dici “prima gli italiani” alimenti la paura, ma quello che passa è che c’è qualcuno che ha a cuore i tuoi problemi, e va bene anche se quelli là che ti dovrebbero difendere sono dei picchiatori.

Dal piano personale, poi, la riflessione di Gaia si estende alla dimensione collettiva. La sua mente giovane si apre alla comprensione della complessità dei problemi sociali, che inizia a percepire in modo diverso. Così, la narrazione dell’esperienza vissuta dalla bisnonna tra il 1943 e il 1945 accende una luce sulla storia del passato e riavvicina la protagonista alla tradizione antifascista della sua famiglia.

LA ROSA È VIVA
Denise Ciampi
ChiPiùNeArt Edizioni
pp. 140
euro 14

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