IL MESTIERE DI SCRIVERE di Raymond Carver

Ogni lettore, a un certo punto della sua carriera, dovrebbe fare mea culpa. Il motivo è molto semplice e non ammetterlo sarebbe ipocrisia: siamo egoisti. Gli scrittori con fatica hanno riempito pagine e pagine, mentre editor e traduttori hanno lavorato per portare a noi lettori questi libri. Noi in cambio abbiamo fatto ben poco, al più abbiamo speso un po’ di soldi e abbiamo dedicato loro qualche ritaglio di tempo Ammettiamolo, spesso come lettori siamo ingenerosi. Cosa possiamo fare, allora, per gli autori? Ascoltare con più attenzione ciò che vogliono dirci. Andare oltre la pagina. Avvicinarsi al lato più umano della letteratura.

Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste.

Una volta impegnati in questa missione, ciò che si scopre è inaspettato. Raymond Carver, ad esempio, non cerca di raccontare bugie, la realtà è semplice, anche quella degli scrittori.

Alcolizzato, mai troppo felice e intrappolato in un matrimonio distrutto. E nei suoi libri è questo che dice. Lo stile minimale dell’autore è diventato iconico e ha fatto di lui un insegnante di Creative Writing presso alcuni dei più prestigiosi college degli Stati Uniti.

I testi di Carver raccontano senza dire troppo. A dirla come farebbe un editor, applica perfettamente l’espediente narrativo dello “Show, don’t tell!

Gli scrittori non dovrebbero sforzarsi di imitare il modo di guardare le cose di qualcun altro. Non funzionerebbe.

Che cosa significa questo? Che dovremmo essere doppiamente riconoscenti a questo autore, perché non reputa noi lettori degli inetti. Mette alla prova il nostro intelletto, raccontandoci solo i dettagli essenziali, lasciando a noi il compito di intendere il resto.

Inoltre, la promessa che fa al suo pubblico è quella di raccontare la sua verità. Basti pensare ai suoi racconti per comprendere cosa questo significhi: Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Cattedrale o Da dove sto chiamando. Le tematiche che vi si trovano all’interno sono banalmente umane. Niente vicende sensazionali, nessun amore impossibile o da favola, nessuna pomposa figura retorica. Solo la quieta, grigia, banalità della vita. Esattamente quella che tutti siamo in grado di comprendere.

Nel saggio Il mestiere di scrivere, oltre a questo, rivela anche quali sono stati i fuochi che hanno acceso in lui la scrittura. Di nuovo, si torna alla vita vera. Il premio viene consegnato ai suoi figli, ai professori che lo hanno formato e al suo editor, Gordon Lish. Se lo stile di Carver nasce come minimale, con l’aiuto di quest’ultimo diventa quasi ridotto all’osso. Ed ecco che le influenze più importanti della sua vita danno forma alla sua arte.

In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore.

Appurato che la lettura di queste pagine sia un atto di gratitudine, non va dimenticato il suo potere divulgativo. Per i lettori tutti, e in particolare per gli appassionati di Carver, si tratta di uno scrigno contenente un tesoro di inestimabile valore. Oltre alle testimonianze stesse dell’autore e ai fatti salienti della sua vita, ci sono lettere e interventi di chi lo ha conosciuto nel privato.

A conclusione del viaggio nella vita dello scrittore, è allegato un vero e proprio eserciziario. Immaginandolo davanti a noi, seduto dietro la cattedra di un’aula universitaria, possiamo esercitarsi sulle consegne scritte di suo pugno.

Uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica alla sua maniera di guardare le cose, è uno scrittore che durerà per un pezzo.

IL MESTIERE DI SCRIVERE
Raymond Carver
A cura di William L. Stull e Riccardo Duranti
Trad. Riccardo Duranti
Prefazione a cura di Marcello Fois
Einaudi Super ET
pp. 176
euro 12

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