ELIZABETH FINCH di Julian Barnes

Si esprimeva con proprietà, le sue frasi erano grammaticalmente impeccabili –sembrava quasi di poter sentire le virgole, i due punti, i punti fermi. Non cominciava mai un periodo senza sapere come e quando sarebbe finito. Eppure non parlava mai come un libro stampato. Il suo lessico attingeva allo stesso vocabolario che utilizzava per scrivere e per conversare in genere. Eppure l’effetto non era in alcun modo anacronistico, anzi ancora più vivo. E le piaceva – forse per suo piacere, o per sorprendere noi – buttare là ogni tanto una frase in un registro diverso.

Il nuovo romanzo di Julian Barnes, (Einaudi, trad. di Susanna Basso), esplora con delicatezza e senso dell’umorismo una relazione che sfugge alle etichette. Le etichette non piacciono al personaggio eponimo, Elizabeth Finch, donna singolare senza arrivare alla stravaganza (è anzi descritta come sobria nel vestire e nell’alimentazione), di grande personalità e immensa cultura. La voce narrante è quella di Neil che, giunto alla vecchiaia, ripercorre le tappe di una lunga frequentazione, iniziata ai tempi in cui, trentenne insoddisfatto dei suoi percorsi e dei suoi traguardi, era tornato a studiare.

Docente del corso Cultura e società era appunto Elizabeth. Dire che questa donna fuori dal comune cambia a Neil la vita sarebbe eccessivo, ridondante (e non piacerebbe a Elizabeth, o EF, come la chiamavano gli allievi); è tuttavia appropriato ritenere notevole la sua influenza su Neil.

Anche gli altri allievi del corso, tutti adulti che, per le più varie ragioni, hanno sentito il bisogno di riprendere gli studi, sono affascinati dal metodo di EF, dalle sue osservazioni acute, dagli argomenti che sottopone alla loro attenzione. EF sfida i suoi studenti, li spiazza, li invita a ragionare, ad allontanarsi dal terreno solido e sicuro del luogo comune, delle verità acquisite senza averle adeguatamente sviscerate. Ne nascono vivaci dibattiti, riflessioni a caldo ma anche ragionamenti a distanza di tempo.

La vita di Neil si svolge da sempre per salti in avanti e ripiegamenti, senza una bussola da seguire. Una carriera d’attore non decollata, due matrimoni, due divorzi e tre figlie. Così Neil si racconta in breve, partendo da un ricordo di famiglia:

La mia bambina preferita, Nell, che ha tredici anni, una volta mi ha definito così: «Papà è il Re dei Progetti Incompiuti». Sorrisi al ricordo di questa verità inattesa; e anche per la gratificazione di essere osservato da un’adolescente così acuta. Ma la domanda era: si trattava di compiacimento? I matrimoni contano come «progetti»? Immagino di sí, anche se è raro che lo sembrino, all’inizio. I miei risultarono «incompiuti», nel senso che furono entrambi interrotti, seppure non da me. Come ho detto, ho fatto molti lavori, specie in quello che oggi si chiama il «settore dell’ospitalità»…

Elizabeth diventa la sua guida senza che, almeno all’inizio, Neil se ne renda conto. Nasce una frequentazione che prosegue oltre il corso, rarefatta nel tempo ma fonte di uno scambio intellettuale arricchente, almeno per Neil. E forse, chissà, anche per EF se, alla morte di lei, Neil scopre che nel testamento ha affidato a lui la biblioteca perché ne disponga come crede.

Neil si trova quindi a consultare i libri posseduti da EF e anche numerosi suoi scritti eterogenei, in cerca delle parti di lei più nascoste, dei segreti che non ha condiviso con lui. Progetta la redazione di un saggio su Giuliano l’apostata, enigmatico imperatore cristiano dei tempi in cui il cristianesimo si affermava travolgendo tutto ciò che c’era prima. Studiando con una nuova maturità un argomento che era stato dibattuto in classe, Neil cerca di chiudere una questione lasciata a suo tempo in sospeso.

La parte meno romanzesca e più saggistica dell’opera (secondo dei tre capitoli che compongono questo breve libro) offre al lettore interessanti considerazioni sul monoteismo e sulle conseguenze che la sua affermazione ebbe (e ha) sull’assetto sociale e sulla cultura in Occidente.

Nel terzo e ultimo capitolo vediamo Neil cimentarsi con una biografia di EF. Studiando il materiale di cui dispone si imbatte in sorprese e piccoli misteri, trova spunti che lo inducono a riflettere su temi vari e spesso a rovesciare i luoghi comuni. Eccone un esempio:

Ho seguito un tracciato prevedibile di aspettative e delusioni, una via l’altra. Ma una cosa la voglio dire: riguarda la famosa citazione su tutte le famiglie che sarebbero felici allo stesso modo, e tutte le infelici, diverse tra loro. Ho sempre pensato che Tolstoj si sbagliasse, che fosse vero l’inverso. La gran parte delle famiglie infelici che ho visto – comprese le mie due – erano infelici secondo una prassi assai ripetitiva; laddove quelle felici, lungi dall’adeguarsi a chissà quale norma accomodante, sono spesso il risultato di sforzi attivi e di specifiche qualità individuali. Ma esiste comunque anche una terza categoria: le famiglie che fingono di essere felici, o che fingono di ricordare di esserlo state un tempo: «travisare la propria storia è parte dell’essere una famiglia!» Mentre non credo esistano famiglie felici che provano a fingersi infelici.

Ma la parte più toccante di una storia molto inglese, punteggiata da citazioni coltissime di filosofi, poeti, uomini e donne di cultura, è quella dei pensieri più intimi sui sentimenti complicati e difficili da definire che Neil, ormai vecchio, ha nutrito per ormai moltissimi anni nei confronti di EF. Come spesso accade sul finire della vita, Neil si chiede di cosa siano fatti i legami tra le persone, che nome possiamo dare alle relazioni importanti che non è stato possibile incasellare nelle cornici tradizionali. Se lo chiede dopo essere stato a lungo sulle tracce di Elizabeth, non solo spulciando i suoi scritti ma anche mettendosi in contatto con altri allievi del corso per confrontare i suoi ricordi con i loro.

Il finale non mette un punto fermo a questa ricerca e pone ancora domande. Ed è quello che in fondo Elizabeth e Neil hanno fatto sempre: cercare con passione risposte agli interrogativi che ogni mente curiosa si pone sulla storia del mondo e sulla propria storia personale, sapendo che ci sono forti probabilità non soltanto di non trovarne ma, addirittura, di veder germogliare da ogni risposta nuove domande.

Lettura consigliata a chi non cerca l’azione, il colpo di scena, il “cosa succede”, a chi ama la storia e la filosofia e non si ostina a definire il genere da attribuire a un’opera letteraria.

Julian Barnes
Elizabeth Finch
trad. Susanna Basso
Einaudi (Supercoralli)
pp 184
euro 18

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