IL TRENO DEI BAMBINI di Viola Ardone

Se è vero che i libri possono curare di disagi dell’animo, il romanzo di Viola Ardone è capace di donare un po’ di serenità e di calore in tempi non sempre rosei. La penna della scrittrice ci accompagna nell’Italia del secondo dopoguerra, nei rioni napoletani poveri di beni e di cultura ma ricchi di voci e di vita. In queste vie e in queste piazze cresce il piccolo Amerigo, che racconta con ingenuità e con una maniera sgrammaticata che scalda il cuore la quotidianità della sua famiglia, composta solo da sé stesso e dalla giovane e granitica madre, le terribili donne del quartiere, i giochi con gli amici e la mancanza di prospettive alla quale è destinato. È per i bambini come lui che l’Unione delle Donne Italiane del PCI ha pensato ai “treni della felicità”, che portarono migliaia di giovani del Sud nelle famiglie borghesi del Settentrione. Amerigo si ritrova così imbarcato su un treno pieno di bambini, come loro eccitato ma intimorito al tempo stesso, ferito dal distacco dalla madre e dalla sua terra e spaventato dalle malelingue che accusavano i comunisti di indirizzare i treni verso la gelida e terribile Russia sovietica. A Bologna non trovano case di ghiaccio e famelici uomini affamati di bambini, ma famiglie emiliane disponibili ad accoglierli per periodi più o meno lunghi.


– Sono contenti che ci andiamo a mangiare le cose loro? – chiede il biondo, che non riesce a crederci. 
– E perché? – – Per la so-li-da-rie-tà, – dice Maddalena. 
– È come la di-gni-tà? – dico io facendo la stessa faccia della Pachiochia, ma senza sputare tra i denti. Maddalena spiega che la solidarietà è come una dignità verso gli altri. – Se io oggi ho due salami, allora ne do uno a te, così se tu domani hai due caciotte, me ne dai una a me. – 
Che è un fatto buono, credo io. Però penso pure che se quelli dell’Alta Italia oggi hanno due salami, allora me ne danno uno a me, io poi domani come faccio a dargli una caciotta, che fino a ieri non tenevo manco le scarpe?

Nell’Alta Italia Amerigo fatica a non stupirsi dell’agiatezza, dei confort e della disponibilità di cibo. Ma al benessere ci si abitua in fretta, e pure a cullare una nuova idea di sé e del proprio futuro. Per la prima volta il bambino riesce ad immaginare per sé un avvenire diverso da quello del mercato in piazza, incoraggiato e aiutato nel seguire le proprie inclinazioni dalla nuova famiglia emiliana. Ma all’arrivo dell’estate, quando il grano è alto nei campi, il treno attende Amerigo per riportarlo a casa. Cos’è ora quella sensazione di nostalgia, proprio quando si sta tornando a casa?  Le nuove amicizie, i nuovi sogni e le nuove abitudini sono difficili da dimenticare e rendono difficile al bambino abbandonare quella che per qualche felice mese è diventata per lui casa. Si può sentirsi parte di due famiglie, di due luoghi, di due destini? Come binari separati del treno che gli ha cambiato la vita, Amerigo vede davanti a sé le possibili strade che lo attendono. Il primo passo verso l’età adulta lo spinge a scegliere per la prima volta in maniera autonoma quale delle due direzioni intraprendere, quale delle due versioni di sé vuole diventare. Dopo molti anni Amerigo è un adulto ancora alle prese con la sua storia, costantemente diviso tra le due o più possibilità che la vista gli ha posto di fronte. Un’occasione di fare pace con sé stesso arriverà quando imparerà ad accettare tutte queste strade come parte di sé, ciò che è diventato e ciò che avrebbe potuto diventare, le sue origini e il suo punto di arrivo. 

Il Treno dei bambini è un romanzo che interroga sul senso del destino e delle scelte personali, sulla famiglia e che ci fa sperare di essere un popolo ancora capace di grandi cose, come di saper offrire gratuitamente e senza paura generosità e accoglienza a chi ne ha bisogno. 

IL TRENO DEI BAMBINI
Viola Ardone
Einaudi. Stile libero big
pp. 233
euro 17.5

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