PATRIA di Fernando Aramburu

Secondo Marx, le circostanze fanno gli uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze. In Patria di Fernando Aramburu le circostanze creano un mondo dove i valori sono intercambiabili, i giudizi impossibili. I protagonisti sono contrabbandieri di sentimenti, outsiders.

Riguardo gli outsiders, la letteratura d’occidente è un fiume carsico, che scorre tra chi è guidato da una visione del mondo (Achille, Stavrogin, Ulrich, Castorp) e tra chi invece è prono di un habitat incomprensibile che lo sovrasta (Edipo, Samsa, Josef K, Pasenow). I primi sono spesso folli, i secondi di frequente schiavi. Secondo la scelta di narrare il mondo da un lato o dall’altro, cambia la diagnosi e la cura. Aramburu opta per la seconda possibilità, costruendo un romanzo solo apparentemente storico, solo apparentemente sulla questione basca, solo apparentemente sull’omicidio come atto morale nei confronti del “tiranno”: in realtà edificato sull’impossibile approdo umano alla conoscenza del giusto, che è forse la caratteristica del nuovo nichilismo.

La trama è costituita dalle labirintiche relazioni umane interne ai componenti di due famiglie colte dall’occhio dell’autore qualche anno prima della splendente decadenza del territorio basco, causa e conseguenza della deflagrazione dell’irredentismo. Continua a leggere