Fresco d’autore: La città del vento. Intervista con Francesco Pulejo

IL ROMANZO
S., città di fiorenti traffici di malaffare e di intrecci fra criminalità organizzata e politica, è scossa dal brutale assassinio dell’avvocato Riccobono, difensore di molti mafiosi di spicco e di intere famiglie di malavitosi. Il primo movente sul quale si indirizzano le indagini sembra, però, poter essere fumo negli occhi e nascondere vicende ben più complesse della semplice insoddisfazione di un cliente di alto rango criminale per il modo in cui il legale ucciso aveva espletato il suo mandato. Si tratta di un romanzo corale in un senso molto particolare: è come se l’autore chiamasse, a narrare la storia della mafia di S., le diverse categorie coinvolte, le quali, nei dialoghi serrati che si alternano alle descrizioni dettagliate dei personaggi, degli ambienti e del paesaggio, raccontano una città, una classe dirigente e una criminalità con il diverso sguardo degli investigatori, dei colleghi della vittima, dei politici e degli stessi malavitosi. Non è l’unico tratto di originalità del bel romanzo di Francesco Pulejo, che ringrazio per aver voluto rispondere ad alcune mie domande.

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MATRIMONIO IN CINQUE ATTI di Leah Hager Cohen

Non ci hanno insegnato che le tragedie ricorrono? Ciò che ricorre ancora più spesso è la possibilità. L’occasione. La casualità. Le fondamenta gettate, le condizioni create, le stelle allineate, la massa critica raggiunta. A quel punto può succedere tutto e il contrario di tutto. L’errore imperdonabile di una generazione diventa l’atto di grazia della successiva. Lo scampato pericolo di una generazione diventa il passo falso della successiva. Il lamento epico di una generazione diventa l’intermezzo comico della successiva. La riconciliazione di una generazione diventa la frattura della successiva. Gli stessi fili riaffiorano di continuo, ma il tessuto è fatto di deviazione, tassellazione, trasformazione. Nessun disegno viene mai riprodotto alla lettera.

Leah Hager Cohen ci presenta una composita, ramificata famiglia ebrea, i Blumenthal: due genitori ultraquarantenni, Bennie e Walter, i loro figli, la zia Glad, ultima superstite della generazione precedente, e poi il fratello e la sorella di Bennie, i nipoti. Continua a leggere

LO DICIAMO A LIDDY? di Anne Fine

L’amore è un pappone insipido che sobbolle sul fuoco, sempre nutriente, sempre caldo. L’odio invece è una torre incrollabile, una colonna di fuoco. La sua mera energia incandescente può alimentare giorni e giorni di stizza, notti e notti di rancore.

Il sottotitolo del romanzo Lo diciamo a Liddy? di Anne Fine è Una commedia agra. Definizione azzeccatissima per questa storia di legami familiari complicati, di rancori sotterranei, di alleanze e conflitti tra quattro sorelle con caratteri diversi e molto ben definiti: Bridie, assistente sociale, solida custode dei ricordi familiari e grande organizzatrice delle riunioni di famiglia; Heather, professionista arida ed egocentrica; Stella, frivola consumatrice, e infine Liddy, emotiva e fragile. Con i loro mariti, figli, fidanzati, le sorelle Palmer costituiscono un variopinto intreccio di nevrosi, segreti, bugie, equilibri in continuo smottamento e riassestamento. Eppure inseparabili, sempre in contatto, a scambiarsi telefonate, visite, confidenze. A volte, come nel caso di Bridie, a scapito della famiglia che si è creata, alla quale dedica meno energie e meno attenzione. Continua a leggere

TUTTO TORNA di Giulia Carcasi

Ho visto migliaia di film, letto centinaia di libri, senza chiedermi se fossero veri. Mi bastava di una storia che fosse bella. A un’emozione non ho chiesto documenti. Perché non può essere così anche con le persone? Mi sono commosso in un cinema e davanti a una pagina, ma se penso a quando mi sono commosso davanti ad Antonia, mi sento stupido e non riesco a sopportarlo.

Diego, docente all’università di Pisa, vive smarrito tra le sue paure, l’Alzheimer di sua madre che non lo riconosce, la distanza da suo padre, l’assalto dei ricordi amari. Nel cerchio asfittico della sua vita irrompe Antonia. Si incontrano in treno, sulla tratta da Roma a Pisa, e lei lo soccorre durante un attacco di panico.

Mi avevano detto che il passato condiziona il futuro, ma non mi avevano detto che vale anche il contrario: il futuro riscrive il passato, come l’ultima pagina di un romanzo trasfigura tutto quello che è stato letto a tal punto che a volte è necessario rileggere. Stai riscrivendo il passato, Antonia, sei arrivata e ci sei sempre stata.

Con una scrittura al tempo stesso scabra e poetica, l’autrice racconta una storia d’amore, disagio e solitudine. Continua a leggere

NIENTE DI VERO di Veronica Raimo

Negli ultimi vent’anni ho vissuto in maniera schizoide tra Roma e Berlino. O meglio, ho vissuto a Roma continuando a passare dei mesi a Berlino e rimpiangendo il fatto di non viverci. Non c’è alcun motivo reale perché non mi trasferisca a Berlino, ma se mi trasferissi, smetterei di avere un solido rimpianto che mi tiene in vita tutti i giorni.

Con Niente di vero, romanzo pubblicato da Einaudi quest’anno e vincitore del Premio Strega Giovani, Veronica Raimo racconta una famiglia che potrebbe essere proprio la sua. Una famiglia dotata di ordinarie nevrosi, in cui i rapporti sono malsani e disturbati come nella maggior parte delle famiglie. Eppure ne viene fuori un libro divertente, leggero, i cui personaggi, con le loro meschinità, fisime, inadeguatezze, capacità manipolatorie, risultano simpatici e si guadagnano con facilità l’assoluzione di chi legge.

Non importa sapere quanto di vero possa esserci in questo romanzo che ha il sapore di un’autobiografia scanzonata. Potrebbe anche essere tutto inventato, o quasi, come sembra dire il titolo. Ma non è questo quello che conta. La madre, con la sua ansia incontenibile, il padre, con la sua patofobia e la mania di ridefinire gli spazi interni della casa, il fratello sleale, piccolo genio precocissimo e scrittore (anche il fratello dell’autrice è uno scrittore), e infine lei, Veronica, la voce narrante, con le sue difficoltà di adattamento: sono tutti personaggi credibili, raccontati con ironia, le cui vicissitudini non annoiano e incuriosiscono. Continua a leggere

I PASSI DI MIA MADRE di Elena Mearini

Ferma, davanti allo specchio, con la doppia ruga in mezzo agli occhi, mi accorgo di essere sulla strada di mia madre, io che le ho sempre rimproverato il cammino e mi domandavo come potesse avere piedi tanto stupidi da non imparare mai il tragitto dal suo mondo al mio. Come lei, anch’io inseguo bugie, le raggiungo e procedo loro accanto.

Agata, la protagonista di questo breve e intenso romanzo di Elena Mearini, si è persa, senza sapersi più ritrovare. Si è persa da quando sua madre è uscita di casa, una sera ‒ una delle tante sere in cui annunciava che stava uscendo con un’amica ‒ e non è più tornata. Ma forse Agata si era già persa prima, nella contemplazione desolata di una madre a disagio nel ruolo di madre, una moglie a disagio nel ruolo di moglie. Non si ritrovava nel suo sguardo assente, disapprovante, nella sua disattenzione.

Se, a questo punto, state pensando alla solita trama che ruota intorno a una famiglia disfunzionale, vi sbagliate, perché l’autrice ci sorprende con un’idea originale. Continua a leggere