Penna a penna. Intervista con l’autore: Eleonora Sottili

EleonoraSottili1. Quando ha cominciato a scrivere? Era sicura di voler diventare una scrittrice?
A me è sempre piaciuto scrivere, in seconda elementare, componevo poesie. Poi ho anche scritto un romanzo, di cui non ricordo molto, ma so che parlava di pecore. Il motivo di questa ambientazione agreste mi è tuttora sconosciuto, e comunque per molto tempo quel romanzo sulle pecore è rimasto la mia opera più valida, perché nella fase adolescenziale ho preso una deriva filosofico-sentimentale terribile: tutti i miei personaggi stavano seduti al tavolino e parlavano tra loro. Erano pagine di una noia mortale.
Nonostante le oscillazioni del mio talento, ho sempre sognato di diventare una scrittrice, ma ho impiegato diversi anni e ho fatto moltissimi giri prima di riuscire a capire come si faceva.
Continuava a essere un sogno dietro a tutto il resto. Mi sono laureata in psicologia, ho lavorato in ufficio, in ospedale, ho insegnato, ma continuavo a dirmi: da grande voglio fare la scrittrice. Il problema maggiore credo fosse diventare grande.

2. Che cosa scriveva all’inizio? È stata incoraggiata da qualcuno e se sì, da chi?
Soprattutto poesie, come ho detto, ma il mio sogno era scrivere un romanzo. La persona che mi ha incoraggiata di più è stata mia madre. È lei che per prima ha pensato ci fosse qualcosa di buono nella mia scrittura ed è lei che ha continuato a crederci. Nel 2003 quando io avevo già trentatre anni e la mia vita sembrava ormai aver preso tutt’altra direzione mi ha regalato La scrittrice abita qui, un bellissimo libro di Sandra Petrignani, che racconta la vita di Virginia Woolf, di Marguerite Yourcenar, della Blixen e di altre autrici, storie affascinanti che ho letto tutto d’un fiato. Questo regalo ha fatto scattare qualcosa dentro di me, come se il fatto che mia madre ci credesse ancora, mi permettesse di riprendere il mio sogno e di cercare in tutti i modi di esaudirlo. E alla fine è successo.

3. Come si fa a sviluppare una buona tecnica della scrittura? Ci sono trucchi che si possono usare per migliorare?
Per me è stato molto importante seguire dei corsi di scrittura creativa. Alcuni sono scettici rispetto alla possibilità di imparare a scrivere, ma io credo che sia come per tutte le altre arti. Non stupisce che in Accademia si studi pittura o scultura, mentre di fronte alla scrittura sopravvive una strana idea romantica dell’ispirazione e del talento. È ovvio che si deve possedere una inclinazione, ma credo che il talento vada educato, fatto crescere, formato. Nella mia storia è stata fondamentale la Scuola Holden, con la quale adesso collaboro e che in passato ho frequentato come alunna. Ci sono degli errori che quando si inizia a scrivere si commettono sempre, e delle cose che si devono imparare, come il dialogo, il montaggio. Ci sono degli equilibri nel testo e bisogna saperli vedere, sentire. E soprattutto a mio parere si deve leggere moltissimo.
Infine personalmente credo molto nella dimensione quasi sportiva dello scrivere. Bisogna allenarsi tutti i giorni. Scrivere continuamente per migliorare. È un gesto fisico oltre che intellettuale e perciò qualche volta è anche faticoso. Insomma guardare la Luna e aspettare di essere ispirati non funziona, almeno per me.

4. C’è una cosa che ha scritto tanto tempo fa e che le piace quanto ciò che scrive adesso?
C’è un racconto a cui sono molto affezionata. Si intitola Così ho pensato, non sono per stasera le pesche. C’è una ragazza che guarda nella finestra di fronte una donna preparare le pesche ripiene e alla fine scopre che le ha cucinate non per il marito, ma per il suo amante. È il primo racconto che ha avuto dei riconoscimenti, ma non è quello il motivo. Mi piace, perché è una storia che trovo ancora bella e che comunque è molto legata a un periodo particolare e importante della mia vita.

5. Le sue storie (i suoi libri) nascono meglio quando scrive in tranquillità o sotto stress?
Credo in tranquillità. Sotto stress non faccio bene quasi niente.

6. Legge molto? Quali scrittori l’hanno influenzata maggiormente?
Sì, moltissimo, anche se non è sempre stato così. Da ragazzina mia madre impazziva per farmi leggere qualcosa. Poi alla fine del liceo mi sono innamorata di Cent’anni di solitudine. Da lì mi sono divorata prima tutto Marquez, e dopo non ho mai più smesso di leggere.
Gli scrittori che mi hanno influenzato di più sono stati Philip Roth, Hemingway, Carver, ma anche Domenico Starnone, Sandro Veronesi. Di Daniele Del Giudice ho amato moltissimo Orizzonte mobile, che è stato fondamentale per scrivere Se tu fossi neve, così come il romanzo di Filippo Tuena Ultimo parallelo. E poi ho scoperto da poco Patrick Modiano e ho letto tutti i suoi romanzi, che trovo bellissimi. Insomma non finirei mai di parlare di quello che mi piace leggere.

7. Ha delle abitudini quando scrive? Predilige dei luoghi particolari dove scrivere?
Niente di particolare. Scrivo al computer, alla scrivania o a gambe incrociate sul divano. Mi serve il caffè e mi piace avere a disposizione internet per andare a cercare storie curiose, particolari. In questo romanzo alcuni dei miei protagonisti sono persone reali di cui appunto ho trovato la storia in rete o sui giornali. L’idea di una storia mi può venire da un articolo, come è accaduto per Jason Polan, da una mostra d’arte, da un film, da una scena che vedo per strada. Quello che conta soprattutto è stare attenti a ciò che ci circonda. Una volta ho letto che Cattelan si definiva un antenna. Ecco, anche per me la cosa importante è soprattutto captare segnali.

8. Uno scrittore può imparare lo stile?
Credo che lo stile sia molto legato allo sguardo. Intendo con sguardo il modo in cui si percepisce il mondo, le cose che ti colpiscono, quelle che ti incuriosiscono. Credo che a partire da quelle poi si vada formando la tua voce, ciò di cui parli e il modo in cui decidi di parlarne. E poi di sicuro hanno – di nuovo – molta importanza le letture. Però è un movimento continuo, probabilmente ci piacciono certi scrittori più di altri perché in qualche modo li sentiamo vicini, per temi, per ritmo.

9. Il libro è già tutto presente nella sua testa prima di cominciare a scrivere o si sviluppa, sorprendendola, mano a mano che va avanti?
Quando scrivo parto di solito da un’idea, ma il romanzo non ce l’ho presente tutto. Quello che mi capita in effetti è di costruirlo piano piano. Di solito so alcune cose. Per Se tu fossi neve sapevo che mi sarebbe piaciuto parlare delle esplorazioni polari e delle missioni sulla Luna, perché quando ho iniziato a scriverlo avevo appena finito Che ne è stato di te Buzz Aldrin di Johan Arstad e il bellissimo Polvere di Luna di Andrew Smith. Mi piaceva l’idea di paragonare il coraggio di esploratori e astronauti a quello di cui tutti noi abbiamo bisogno nel quotidiano.
Poi ci sono i personaggi. Arrivano sempre molto presto nella mia mente ed è da loro che partono gli accadimenti. Sono d’accordo con quello che diceva Flannery O’Connor, che a volte neanche li dirigi tu del tutto, a un certo può capitare che il tuo protagonista compia un’azione che non ti aspettavi, che non avevi previsto. E qui sì, c’è lo stupore, ed è anche il bello della scrittura per me.
Ad esempio non sapevo che Zadie a un certo punto si sarebbe messa in mezzo al progetto di Jason.

10. Quanto c’è di autobiografico nei suoi lavori?
Molto. Il primo romanzo Il futuro è nella plastica era profondamente autobiografico, anche se avevo affidato a un personaggio maschile episodi della mia vita, per prendere la giusta distanza e riuscire a scriverne. E anche in Se tu fossi neve ho raccontato molte cose che mi appartengono. Penso sia impossibile non farlo, in modo più o meno scoperto, più o meno elaborato. Scrivere per me significa anche e soprattutto rimediare a certe cose che sono accadute, farle andare nel modo in cui avrei voluto o vorrei. Mi succede persino di raccontare delle cose e poi vederle accadere subito dopo nella mia vita. Nessun prodigio ovviamente, è solo che certe immagini le abbiamo dentro e scrivere ci aiuta a chiarirle. E così a volte invento degli sviluppi narrativi per i miei personaggi senza sapere ancora con precisione di volerli per me stessa.

11. Progetti per il futuro?
Spero di scrivere un altro romanzo. Ci sto già lavorando perché ho qualche idea. C’entrano una chiave che mi ha dato mia nonna di un albergo di Parigi, delle fotografie di famiglia in cui c’è una persona che non si sa più che fine ha fatto… Insomma deve definirsi ancora tutto, ma ho una storia che mi piacerebbe raccontare.

12. Scrittura a parte, qual è la forma d’arte che sente più affine?
Mi piacciono molto la pittura, la scultura, la fotografia e di sicuro il cinema. È abbastanza chiaro, sono molto visiva, credo si capisca anche da come scrivo.

13. Il suo rapporto con le critiche e la Critica?
Le critiche servono, sono fondamentali per crescere. I miei critici più severi sono proprio mia madre e il mio compagno, Emiliano Poddi, che è anche lui uno scrittore. Lì per lì quando mi dicono le cose che non vanno, mi butto un po’ giù e come è ovvio non mi fa piacere, ma poi capisco che hanno ragione. Mi rimetto lì, mi do da fare, ricomincio a scrivere e di solito esce qualcosa che funziona meglio. Perciò il confronto con gli altri per me è fondamentale. Quando finisco di scrivere ho diversi amici che leggono e mi aiutano a capire se le cose funzionano o no. Per quanto riguarda la Critica gli articoli che sono usciti sono stati sempre molto positivi, ma per ora non sono ancora così famosa e quindi se un giorno lo diventerò, si vedrà…

14. Quali sono le sue piccole manie?
Fotografo tutto. Mi piace anche se non sono in vacanza, mi sembra di poterle capire di più, le cose, se le fotografo. Poi mi piace guardare dentro le finestre illuminate la sera, mi fa venire voglia di stare in casa anche quando ci sono già.
Leggo nella vasca da bagno e sottolineo i libri, cosa che mi impedisce di prestarli e di farmeli prestare.

 

Eleonora Sottili nasce a Viareggio nel 1970. Si laurea in Psicologia Clinica. Frequenta presso la Scuola Holden di Torino corsi e workshop di scrittura tra cui diverse edizioni del corso HoldenClub, il Corso avanzato di Sceneggiatura Cinematografica e il Corso di Editoria a cura di Minimum Fax. Dal 2004 inizia a tenere corsi di scrittura creativa per adulti e ragazzi. Dal 2008 collabora con la Casa Editrice Einaudi di Torino. Nel 2003 ha vinto il concorso LuccAutori con il racconto Il Progetto, pubblicato in Racconti nella Rete. Ha vinto il terzo concorso letterario di “Terre di Mezzo” e pubblicato il racconto Così ho pensato non sono per stasera le pesche nella raccolta A fuoco lento. Il suo primo romanzo è Il futuro è nella plastica (2010, Nottetempo). Il suo ultimo romanzo, Se tu fossi neve,  è uscito da pochi giorni con Giunti Editore.

One thought on “Penna a penna. Intervista con l’autore: Eleonora Sottili

  1. Ciao Eli, ho ordinato il tuo libro è appena arrivato me lo sono letta in due giorni come se fosse un giallo ( anche se non amo i gialli ) intendo dire per la suspence la favola che riesci a creare ( io non leggo il quarto di copertina prima ). Bella la scrittura, moderna incisiva ( non saprei mai scrivere cosi’ ) Quindi…..complimenti e tanti e …….Vai!!! Ne ho ordinato due copie per le mie migliori amiche un bacio grande Franca

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