GRANDE NUDO di Gianni Tetti

copertina-grande-nudo-gianni-tetti-neo-edizioni-hi-resLa prima immagine che mi è venuta in mente quando ho finito di leggere le 670 pagine de “Grande Nudo” dell’autore sardo Gianni Tetti è quella di essere finito in una palude. È un libro che si presenta con una copertina accattivante, ben confezionato dagli editori della Neo. Ci infili un piede dentro, rimani sbigottito dalle prime pagine. Ti chiedi “dove sono finito?” e inizi a sprofondare.

Finisci in una Sardegna cupa, cupissima, zeppa di cani che la fanno da padroni, abitata da una popolazione dolente e affamata dalle carestie. Sassari è una città nera, mostra al lettore/visitatore una facciata apocalittica e cattiva.

Cerchi di uscire da questa palude, ma invece ne vieni sempre più risucchiato, pagina dopo pagina, finché ti accorgi che divincolarsi e cercare di fuggire non serve a nulla, ma continuare a rimanere immersi ha un fascino sinistro, addirittura piacevole.

Poi sono tornati a casa. Hanno ricostruito le loro baracche sugli stessi scogli appuntiti. Hanno fatto altri figli. Hanno sorriso vedendoli nascere. Hanno dato loro dei nomi. Gli stessi nomi di sempre. Hanno bevuto. Poi sono riandati in mare. E ci hanno portato i loro figli. I grandi pescano, i piccoli imparano. I vecchi e le donne stanno a terra. Aspettano. Ovunque è stato così, ovunque si è tornati alla vita di prima, che fosse al mare, che fosse in montagna, che fosse in pianura. Qualcuno ha detto che non abbiamo imparato nulla. Qualcun altro ha detto che abbiamo imparato a cavarcela. Ogni domenica ci ricorda il diluvio. Ogni domenica preghiamo e ringraziamo. Preghiamo perché non succeda di nuovo, ringraziamo di essere vivi.

I personaggi che incontri sono lividi, taglienti, disincantati. Abituati a vivere in una realtà che è senza scampo. Sono tanti, compaiono e scompaiono attraverso i capitoli, dipinti con mano sicura e senza fronzoli. I fili delle loro storie si riannodano, di disfano per poi unirsi ancora. L’unico spiraglio che ha il sapore della speranza ha un nome di donna, Maria, scritto nel vento.

Perché sono qui?
Cosa cerchi? Dice il cane nero mentre salta un’altra cagnetta.
Chi è Maria?
Hai sentito il vento?
Sì.
Maria è quello che cerchi.
Una do
nna.
O una cagna. Quando la troverai, saprai.

La scrittura di Tetti è un labirinto paratattico: frasi brevi e spiazzanti, come colpi di martello che lasciano il segno. È un continuo respiro corto che tiene desti e detta il ritmo della storia.gianni_tetti

Ha le labbra secche, appiccicate dalla sete. Le braccia nervose. Ha il petto rosso, vedo le costole. Si sono rotte tre o quattro volte, quelle costole. La prima quando era bambino. Correva sul bastione, aspettava l’urlo del padre. Il padre è morto tanto tempo fa. Per quella morte non è riuscito a piangere. Adesso l’uomo è uguale a suo padre. Sapeva che sarebbe stato così. Spera di essere padre, perché suo figlio, da grande, sia uguale a lui. Da quando è bambino sente in bocca il sale spruzzato dalle onde.

“Grande nudo” è il terzo libro della trilogia del vento, dopo “I cani là fuori” e “Mette pioggia”, anche se i tre romanzi sono indipendenti fra di loro.

GRANDE NUDO
Gianni Tetti
2016, Neo Edizioni
Pagine: 670

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