PRIMO LEVI: IO CHE VI PARLO. Conversazione con Giovanni Tesio

In questo volume smilzo, Giovanni Tesio ci consegna una testimonianza nuova benché vecchia di circa trent’anni. Tre conversazioni con Primo Levi che si svolsero tra il 12 gennaio e l’8 febbraio, pochi giorni prima della morte dello scrittore.
Primo Levi è tra gli autori italiani più tradotti e più letti degli ultimi decenni. Di lui sappiamo molto, e la mole dei lavori critici che lo riguardano è ormai imponente, ma nel 1987, quando Giovanni Tesio si accingeva a raccogliere materiale per una biografia autorizzata, le cose erano in parte differenti.

Hai già in mente un piano di battaglia?

Inizia così, con una domanda dell’intervistato all’intervistatore. Tesio propone di procedere in ordine cronologico, e infatti Levi arriverà a parlare della resistenza, della sua cattura e dell’internamento a Fossoli, non oltre. Non ci sono riferimenti al periodo passato ad Auschwitz, solo qualche accenno alle esperienze lavorative subito dopo la guerra, null’altro. Continua a leggere

SE QUESTO È UN UOMO di Primo Levi

SeQuestoeUnUomo_Cavaglion“Se questo è un uomo -un libro che reincontreremo al Giudizio Universale- offre un’immagine quasi lievemente attenuata dell’infamia, perché il testimone Levi racconta scrupolosamente ciò che ha visto di persona e, anziché calcare le tinte sullo sterminio come pure sarebbe stato logico e comprensibile, vi allude pudicamente, quasi per rispetto a chi è stato annientato dallo sterminio dal quale egli, in extremis, si è salvato”. Così il 12 aprile 1987, all’indomani della morte di Primo Levi, Claudio Magris sul Corriere della Sera ricorda lo scrittore piemontese. Oggi, le parole di Magris mi sembrano ancora le più adatte e le più belle per ricordare l’uomo e lo scrittore Primo Levi. 

Se questo è un uomo è stato tradotto in tutto il mondo, ed è considerato un classico -non solo- della letteratura testimoniale, un libro per certi versi strano, che Levi stesso rispondendo a Philip Roth dice di aver scritto: “per tentare di spiegare agli altri, e a me stesso gli eventi in cui mi ero trovato coinvolto, ma senza particolari intenti letterari. Il mio modello (o se preferisci il mio stile) è stato quello del ‘rapportino settimanale’ che si usa fare in fabbrica: dev’essere preciso, conciso, e scritto in una lingua comprensibile a chiunque nella gerarchia aziendale”, quindi aperto a chiunque. Continua a leggere