Penna a penna. Intervista con l’autore: Christian Mascheroni

CHRISphoto2016Quando hai cominciato a scrivere? Eri sicuro di voler diventare uno scrittore?
Innanzitutto ciao a tutti come state? Spero bene! Ok, ora sono pronto per rispondere: ho iniziato sin da quando avevo 6 anni. Ricordo che prima ancora di saper scrivere e leggere, mia madre mi aveva portato dentro il meraviglioso mondo dei libri leggendomeli prima di dormire ed io già da bambino volevo essere dall’altra parte, ovvero nelle vesti del narratore. Pensavo, guardando le foto degli scrittori sulle quarte di copertina, che avessero poteri magici e che fossero persone speciali. Perciò sin da quell’età non vedevo l’ora di diventare anche io speciale, magico; diventare come loro uno scrittore capace di portare le persone dentro le storie.

Che cosa scrivevi all’inizio? Sei stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
Al principio scrivevo di tutto e di più, da racconti di fantascienza ad articoli sportivi, da piccolo saggi pseudofilosofici a poesie. Per esempio a sette anni scrissi un racconto dell’orrore davvero raccapricciante che inviai alla Mondadori. Scrivevo moltissime fiabe e racconti fantastici che spesso illustravo e a undici anni scrissi il mio primo romanzo che raccontava di un alieno che arrivava sulla Terra per capire cosa avessero di speciale gli umani. Ad ispirarmi c’erano i migliaia di libri che popolavano casa nostra. Sono stato fortunato perché mia madre e mio padre mi hanno sempre permesso di leggere anche romanzi considerati per adulti, spiegandomi tutto ciò che non capivo, persino i passaggi più ambigui o pruriginosi. Non c’erano veti. Anche la mia professoressa delle medie mi ha supportato sempre, scrivendomi lettere alla fine dell’anno dove mi spronava a non rinunciare mai a questo grande sogno della scrittura.

Come si fa a sviluppare una buona tecnica della scrittura? Ci sono trucchi che si possono usare per migliorare?
Ottima domanda. La risposta è complessa, ma parte da una base essenziale. LEGGERE. Dopo aver pubblicato il primo romanzo ho pensato di fare due corsi di editoria per capire meglio il percorso che stavo facendo. Una delle prove era valutare i romanzi degli esordienti. Pensavo che ci avrei messo settimane a valutarli invece ne scartavo dieci alla volta in pochi minuti. Errori di grammatica, ortografia, periodi sbagliati e scopiazzature senza senso. Molti scrittori esordienti, ho scoperto, leggono poco. Magari si innamorano di un libro in particolare e vogliono scrivere anche loro. Leggere è come per un olimpionico allenarsi ogni giorno. Inoltre è necessario impadronirsi delle sfumature della lingua italiana oltre che delle basi. La punteggiatura, per esempio, è spesso sottovalutata. Un altro consiglio che do è cercare di non stupire il lettore o di catturarlo, ma prima di tutto scrivere per se stessi. Sembra banale, ma la scrittura è un processo analitico, psicologico, di scoperta. Devi poter piangere, ridere, sentirti male quando scrivi. O come mi succede anche distaccarti quando non sei onesto con la tua storia. Infine rigiro un consiglio che mi diede Camilla Läckberg: state seduti. La scrittura richiede costanza, impegno, dedizione, attenzione. Non c’è solo l’intuizione e la passione e un romanzo non si scrive solo con la vocazione. Bisogna lavorare sodo e con costanza, senza rimandare. Se presa seriamente, la scrittura è un lavoro. Il più bello del mondo ovviamente.

C’è una cosa che hai scritto tanto tempo fa e che ti piace quanto ciò che scrivi adesso?
Che felicità rispondere a queste domande! Grazie! C’è un romanzo che ho scritto a quattordici anni e che ho riscritto a ventidue ma che è poi rimasto nel cassetto perché molto immaturo. E’ la storia di tre uomini sui 70 anni che fanno una gita in battello sul Danubio e riscoprono la bellezza e la forza dell’amicizia, superando il dolore dei ricordi. Vorrei riprenderlo in mano prima o poi perché quando lo rileggo, sebbene sia davvero un’opera fragile e piena di difetti, ha un cuore puro e semplice. E’ un romanzo che mi ricorda momenti di grazia e di speranza, quando ancora non avevo pubblicato nulla e sognavo ad occhi aperti!

Le tue storie (i suoi libri) nascono meglio quando scrivi in tranquillità o sotto stress?
Dipende molto dal momento. Alcune volte lo stress o la tristezza, persino il dolore mi hanno portato a scegliere la scrittura come terapia e percorso di raccoglimento. Altre volte invece ho scritto per puro divertimento o perché la semplice voglia di dedicarmi a qualcosa che comunque mi fa sempre star bene. In questi mesi per esempio non ho scritto quasi nulla per colpa dello stress e della stanchezza derivante dalla scrittura per la televisione. Amo ancora scrivere per la tv ed è il mio pane quotidiano per ora, ma spesso non nego che mi porta via troppo tempo e troppe energie che invece vorrei dedicare ai miei racconti.

Leggi molto? Quali scrittori ti hanno influenzato maggiormente?
Ho sempre letto tantissimo perché sono affamato di libri. Ne leggo contemporaneamente anche più di dieci alla volta. Mi piace poter scegliere di volta in volta una storia diversa. Gli scrittori che mi hanno cambiato la vita sono sicuramente Elsa Morante, Donna Tartt, Marguerite Duras, Jack London, Peter Cameron, Giorgio Bassani e ultimamente John Cheever. Ma ce ne sono tantissimi altri che amo e che ho avuto la fortuna di conoscere dal vivo e intervistare. Per sette anni ho avuto l’onore, con Marta Perego, di scrivere e presentare il programma culturale Ti racconto un libro su IRIS.

Hai delle abitudini quando scrive? Prediligi dei luoghi particolari dove scrivere?
Amo molto scrivere in posti affollati. Più c’è caos attorno a me più riesco ad isolarmi. Amo sollevare gli occhi dalla pagina e guardare il volte delle persone. Mi affascina. Per cui, quando posso, mi infilo in un bar a scrivere. Se scrivo a casa devo ascoltare la musica. Prediligo le ballate tristi e le canzoni strappalacrime. Sono uno che si commuove spesso e per me la scrittura è commozione.

Uno scrittore può imparare lo stile?
Assolutamente sì. Lo impari poco per volta, ascoltando le tue pagine, il suono delle tue frasi. Capisci pian piano quale musica vuoi suonare e in quale ti riconosci. Per me è avvenuto con Non avere paura dei libri. Ho sentito che quello che scrivevo, e il come lo scrivevo, mi rappresentava al 100%. Non parlo di perfezione, anzi. Parlo però di veridicità. E’ quando capisci che, nel bene o nel male, hai imparato a camminare con le tue gambe e non ti aggrappi più a nessun altro stile o libro.

Il libro è già tutto presente nella tua testa prima di cominciare a scrivere o si sviluppa, sorprendendoti, mano a mano che vai avanti?
Mi piacerebbe tantissimo poter strutturare un libro dalla prima all’ultima parola. Conosco molti scrittori che lo fanno, che sono molto diligenti e sanno così scrivere vere e proprie opere architettoniche. Io sono un macello. Di solito inizio a scrivere un romanzo da un’immagine. Non so nemmeno come o se proseguirà…infatti mi capita spesso di abbandonare le storie perché non vanno a parare da nessuna parte. Però quando scrivi non sapendo quello che i tuoi personaggi faranno è stupendo. E’ come guardare un film senza sapere in anticipo come andrà a finire.

Quanto c’è di autobiografico nei tuoi lavori?
A volte mi dico troppo, ma non riesco a prescindere dalle storie che in qualche modo non parlino a me. Non di me, ma a me. Mi piace l’idea che un mio racconto o un mio libro sia un percorso personale per capire un sentimento, una storia, una relazione, una fotografia. Ho scritto tutti i miei libri per scavare dentro di me, affidando a personaggi anche estranei al mio modo di vivere o di pensare temi per me fondamentali. Ma sono sicuro che anche Jules Verne abbia scritto libri autobiografici anche quando ci prendeva per mano e ci portava al centro della terra o negli abissi del mare.

Progetti per il futuro?
Ho tre storie in testa e sento il bisogno di scriverle tutte e tre. Due di queste le ho iniziate a scrivere e ora sedimentano perché hanno bisogno di una pausa. La terza è arrivata all’improvviso poche sere fa. E’ stata una folgorazione. Ho visto all’improvviso il volto del protagonista dentro ad un locale e mi sono domandato: che sta facendo? Cosa sta guardando? Quando ho immaginato anche CHI stesse guardando, mi sono detto: ho bisogno di raccontare la storia di queste due anime. Ho iniziato da poco a scriverla e incrocio le dita perché vorrei poter già dire che questo sarà il mio nuovo romanzo.

Scrittura a parte, qual è la forma d’arte che senti più affine?
Mi piace molto la fotografia. Mi piacerebbe un giorno fare un corso serio. Amo guardare per ore i volti umani, gli occhi e le rughe che certe foto riescono ad immortalare. Mi piacerebbe anche molto riprendere a suonare, ma vorrei imparare a suonare il pianoforte o il violoncello. Per sei anni ho suonato il corno francese in una banda. L’ho amato solo perché mi permetteva di suonare Bach. per il resto non credo di essere stato un musicista memorabile!

Il tuo rapporto con le critiche e la Critica?
Sarò banale, ma le critiche costruttive sono da sempre un medicamento. Io sono molto autocritico, ma spesso solo gli altri possono davvero darmi consigli e lezioni utili. Amo la critica come forma d’arte capace di spronarti a dare il meglio. Uno che ti dice: puoi fare molto di più di questo lo considero un amico, qualcuno che si prende cura di te. Detesto invece la critica con velleità di protagonismo, chi critica per mostrarsi intelligente o colto. Detesto chi usa la critica per dimostrare di essere una voce fuori da coro e chi critica senza avere strumenti adatti. Mi va bene chi critica anticipando che sta usando la pancia; le emozioni sono sacrosante. Ma chi invece pretende di criticare senza sapere di cosa sta parlando e senza essere costruttivo, ma solo distruttivo, commette uno degli atti più grandi di presunzione.

Quali sono le tue piccole manie?
Ne ho tante e non sono piccole. Quella che tutti i miei amici conoscono e per la quale vengo preso in giro è la mia mania di non bere mai il fondo di una bottiglia. Se per esempio c’è un ultimo goccio di vino o acqua e qualcuno me lo versa io -ironicamente- non tocco il bicchiere. Nasce tutto dal fatto che mia madre aveva il vizio di non chiudere bene i bottiglioni di Coca Cola e l’ultimo sorso era sempre quello sgasato e dolciastro e noi, che eravamo piuttosto pazzerelli, pensammo bene di associare una sorta di maledizione. Per cui ancora oggi se qualcuno mi versa il fondo di una bottiglia io non lo tocco per paura della maledizione!

Sono pazzo vero?

 

Christian Mascheroni è nato a Como nel 1974. Dal ’95 al ’99 collabora con articoli e racconti al mensile Campus. Autore televisivo per MTV (Operazione Soundwave 2007-2008), e Mediaset (Popstar, Solaris, Ziggie, 2000, Ciak Junior, Appuntamento con la storia, Locandina) Christian è stato autore e presentatore della trasmissione culturale Ti racconto un libro.
Esordisce come scrittore con «Impronte di pioggia» (L’Ambaradan), uscito nel dicembre 2005. Nel 2006 pubblica il racconto «Il gabbiaio» nell’antologia “L’Italia si racconta: 60 anni di Repubblica” e nel 2007 il racconto «Marcia inserita» nell’antologia “Lungo le strade” entrambe edite da Arcilettore Edizioni.
Seguono «Attraversami» (Las Vegas edizioni, 2008) e «Wienna» (Las Vegas edizioni, 2012). La sua prima rubrica scritta per il blog “Ho un libro in testa” di Chicca Gagliardo, «Non avere paura dei libri», nel 2013 è diventata un libro pubblicato da Hacca edizioni.

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