WORKS di Vitaliano Trevisan

works_coverL’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Questo Art. 1 della nostra Costituzione deve averlo avuto ben ficcato in testa Vitaliano Trevisan, tanto quanto le parole del padre che gli dice:
«che se volevo qualcosa dovevo guadagnarmelo, che così andava il mondo ed era ora che capissi da dove veniva».
E Vitaliano Trevisan nel suo ultimo libro Works ci mostra tutta la fatica fatta negli ultimi quarant’anni per cercare di capire da dove veniva (il denaro). Ha dovuto costruire un monumento della sua carriera di homo faber, non un monolite, ma una costruzione ardita fatta di materiali spuri, di personaggi stravolti nella loro inconsapevolezza di essere protagonisti di una severissima ricerca personale, prima ancora che sociologica, su un territorio (il Nordest) e un’epoca (gli anni ’70, ’80 e ’90).

che se volevo qualcosa dovevo guadagnarmelo, che così andava il mondo ed era ora che capissi da dove veniva;

Trevisan con la sua caratteristica laconicità, che talvolta rasenta il mutismo, con quel suo parlare digrignando i denti si è imposto di vomitare seicentocinquantadue pagine di memorie a volte rabbiose, spesso rassegnate, ma sempre innervate da una formidabile ironia. Non un romanzo, ma un mémoire, come afferma l’Autore stesso, che rivendica di avere in quelle pagine detto la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Chissà se Trevisan ha letto la Prefazione delle Mémoires di Carlo Goldoni dove il commediografo veneziano tra l’altro scriveva: “… È vero che la vita di un uomo non dovrebbe comparire alla luce se non dopo la di lui morte; ma tali ritratti eseguiti in distanza rassomigliano essi poi agli originali? Se ne assume l’incarico un amico, le lodi alterano la verità… Ecco quanto io avevo da dire ai miei lettori. Prego i medesimi a leggermi, e far grazia di credermi; la verità fu sempre la mia virtù favorita… essa mi ha risparmiato la pena di studiar la menzogna…”
Ed è la forza dirompente della verità che funziona da elettroshock lungo tutto il romanzo, dove l’Autore confessa l’inconfessabile: «Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora» o quando nel capitolo Coda acida ci racconta le sue esperienze lavorative in qualità di spacciatore di “stelline rosse” (acido procuratosi con un agognato viaggio ad Amsterdam).
Il libro è sostenuto da un apparato di note che più che una funzione esplicativa rappresenta un testo nel testo, un libro di secondo livello che va a integrare e consolidare il monumento principale. Un ornato gustosissimo che a volte stempera la dura realtà rappresentata.
C’è una galleria formidabile di personaggi anonimi e noti, talvolta anche facilmente individuabili, che vede spesso l’Autore incerto tra il disprezzo e la pietas. Talvolta si sente che nello scrivere di loro è come li abbracciasse, come se li tenesse vicini, con uno slancio solidale, come quel compagno di lavoro lattoniere che, esposto sul tetto del capannone, gli chiede di tenerlo per la cintura, assumendo così la responsabilità della sua vita (Strana sensazione avere tra le mani la vita di qualcuno.)

… di chiedermi come fosse possibile che un perfetto sconosciuto si fidasse di me al punto da mettere, letteralmente la sua vita nelle mie mani così, dicendo semplicemente Tienimi per la cintura;

trevisan
Ciò che si avverte via via che si avanza nella lettura è che si sta lentamente, ma inesorabilmente scivolando su un piano inclinato che porterà l’Autore verso il suo destino di scrittore. La sterminata molteplicità di lavori che il Nostro ha svolto sembra un voler allontanare da sé il Calice Amaro della Scrittura. Una discesa all’inferno e ritorno fino a trovare nella scrittura una cura al mal di vivere («Disperazione, è per questo che scrivo»).
In un recente incontro Trevisan ci informava che attualmente sta studiando Quintiliano, la Retorica e in questo suo ultimo lavoro dimostra di aver imparato bene la lezione.
In Works è formidabile l’inventio che in retorica non è l’inventare, ma la ricerca delle cose da trattare nel “serbatoio delle idee e delle conoscenze”. Trevisan nello svuotare il suo smisurato serbatoio è stato fedele al dettato del retore latino: “preparare l’ascoltatore con l’esordio, informarlo con l’esposizione, con l’argomentazione fornirgli le prove, commuoverlo con le emozioni” (Quintiliano, Institutio oratoria 9, 4, 4).

WORKS
Vitaliano Trevisan
Einaudi Stile Libero
pp. 652
Euro 22

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